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(WSI) –
È ormai da tempo indicata come la prossima
bolla. O meglio, come la prossima grande
bolla in stile dot-com. Si tratta del fenomeno
hedge fund, i cosiddetti fondi di investimento
speculativi, che nella fase di iperbolica accelerazione
dei mercati (e della ricchezza)
degli anni più recenti, hanno guadagnato
progressive quote di mercato a prodotti e tipologie
di investimento più tradizionali.
Il parallelo, dunque, con la moltiplicazione
del valore delle società Internet, almeno a
un primo livello concettuale, può avere un
senso: nel caso delle dot-com, si vendevano
al mercato società con grandi prospettive e
pochi asset concreti. Nel caso degli hedge,
si propongono società il cui valore risiede
principalmente nelle stesse grandi prospettive
future. In entrambi i casi, peraltro, la scena
è corredata da un identico ambiente di finanzieri
rampanti ed emergenti, pronti ad arricchirsi
fuori misura.
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E dunque, il 2007 ha
assistito all’arrivo in Borsa di queste prospettiche
galline dalle uova d’oro.Duegli hedge
già quotati, ossia il Fortress Investment
Group e Blackstone. La scorsa settimana,
invece, ha presentato domanda per la quotazione
Och-Ziff Capital Management, e almeno
un’altra dozzina è in rampa di lancio.
Queste realtà presentano i rischi di bruciare
miliardi come nel 2000-2001? È vero che
si tratta di asset dal grande valore prospettico.
Tuttavia, si tratta comunque di beni concreti,
non stime, o di idee di stime. Peraltro,
non va dimenticato che «gli hedge – scriveva
Pequot Capital – sono per natura accaparratori
di asset». Se poi il modo in cui lo faranno
seguirà le regole di trasparenza del mercato,
tanto di guadagnato. Il vero rischio, infatti,
non è di bolla degli hedge. Quanto di bolla
nei settori in cui gli hedge hanno investito
(magari contribuendo a gonfiare le valutazioni).
Il pericolo per la loro salute, dunque,
sta nell’eventuale pillola avvelenata che possono
ingerire. E su questo, il miglior medico
può essere il mercato.
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