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MERCATI USA: PESSIMISTI CONTRO OTTIMISTI

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E’ vera ripresa quella a cui stiamo assistendo sui mercati azionari in questi giorni? Tecnicamente un rialzo superiore al 20% dai minimi di settembre, autorizza questa conclusione. Tuttavia gli ottimisti sono ancora alle prese con una fitta schiera di scettici. Analizziamo i dati con una visione piu’ ampia e proviamo a dare un quadro piu’ chiaro della situazione.

Il Nasdaq Composite, dopo aver toccato quota 1.387 punti il 21 settembre, ha rotto la barriera dei 1.900 punti il 14 di novembre, l’S&P500 e’ passato da 944 punti a oltre 1.150 nello stesso periodo e il Dow Jones non e’ stato da meno. I volumi delle contrattazioni dopo la forte svendita dei giorni successivi all’11 settembre sono tornati finalmente interessanti. Tuttavia, questi dati, da soli, potrebbero non bastare. I mercati finanziari sono un sistema di vasi comunicanti. Per capire cosa succede in uno di questi e’ necessario analizzare gli altri.

Il mercato delle obbligazioni di Stato americane la scorsa settimana ha messo a segno la sua peggiore performance da 14 anni a questa parte. La vendita e’ stata massiccia su tutte le scadenze. Il rendimento sul T-bond a 10 anni, considerato il benchmark delle scadenze medio lunghe e’ risalito sopra il 5% (ricordiamo che tasso di rendimento e prezzo dell’obbligazione sono inversamente correlati). La tendenza sembra destinata a continuare con l’emissione del Tesoro di $32 miliardi di Treasuries a 3-6 mesi e di $21 miliardi di bond a 2 anni attesa per l’ultima settimana di novembre.

Antony Crescenzi di Miller Tabak, attento osservatore del mercato e commentatore per Wall Street Italia, rileva come la differenza tra i Tresauries e i titoli ad alto rendimento misurati dall’S&P speculative-grade credit index sia passata da 1.270 punti base il 3 ottobre a 1.070 il 20 novembre. Il significato di questo dato, secondo Crescenzi, va letto come una minore avversione al rischio degli investitori, che dopo essersi rifugiati nei titoli di Stato si affacciano nuovamente all’area Corporate.

Il travaso dal mercato obbligazionario a quello azionario ha rallentato o accellerato a seconda dei dati che sono stati pubblicati a novembre. I dati sull’indice dei responsabili degli ordini di acquisto ( NAPM ) pubblicati la prima settimana di novembre, ancora saldamente sotto quota 50 indicano uno scenario ancora recessivo. Ma dalla meta’ del mese in avanti lo scenario sembra, almeno in parte, cambiato. Il 14 di ottobre, le vendite al dettaglio hanno sorpreso positivamente il mercato con un robusto +7,1%. Tuttavia, il dato va letto alla luce dei massicci incentivi alla vendita di automobili, un evento strordinario che potrebbe influenzare negativamente i dati futuri.

Il 15 di novembre viene pubblicato nuovamente un dato poco incoraggiante anche se datato: le scorte di magazzino di settembre scendono dello 0,5%, ma il dato delle vendite dello stesso periodo porta il rapporto scorte vendite a 1,45 il piu’ alto dal settembre 1998. Venerdi 16 escono i dati sulla produzione industriale ad ottobre che mostrano una capacita’ di utilizzo degli impianti del 74,1% e l’ indice dei prezzi al consumo , sceso dello 0,3%. Le cifre insieme alla notizia che la Russia non collaborera’ con l’OPEC per sostenere il prezzo del petrolio aumentano la percezione del mercato sull’inesistenza del problema inflazione.

Questa aspettativa di per se’ dovrebbe aiutare a sostenere il prezzo delle obbligazioni con scadenza lunga ma cosi’ non avviene. Il reddito fisso scende e l’azionario continua a salire. Infine arriviamo agli ultimi due giorni prima della chiusura dei mercati per il il Giorno del Ringraziamento. Martedi’ 20 i dati sulla bilancia commerciale mostrano un calo del deficit del 31% a $18,7 miliardi. La cifra e’ influenzata da uno sbilancio di $11 miliardi per servizi assicurativi direttamente legati ai fatti dell’11 settembre.

La giornata di mercoledi’ vede tre importanti dati: la fiducia dei consumatori ad ottobre misurata dal Michigan Sentiment sale a 83,9 da 82,7, le richieste dei sussidi di disoccupazione della settimana precedente scendono di 15.000 unita’ a 427.000 e gli ordini per il mese di ottobre alle societa’ produttrici di chip del Nord America salgono a $651,1 milioni contro i $619,2 di ottobre.

I dati non permettono una lettura univoca sulle prospettive future. Tuttavia la sensazione e’ che gli investitori istituzionali cosi’ come hanno cercato di uscire prima degli altri dai mercati in discesa, adesso stiano cercando di anticipare la ripresa. La scommessa oggi non e’ piu’ se ci sara’ o meno un recupero ma piuttosto quando arrivera’ e quanto intenso sara’.

(*) Francesco Leone e’ analista per Wall Street Italia