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MERCATI USA: IL FILO CONDUTTORE RESTA LA FED

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L’andamento dei mercati finanziari delle ultime settimane ha evidenziato oscillazioni giornaliere sempre più marcate sui mercati obbligazionari e forex Euro/Dollaro. Il filo conduttore principale dei mercati in questo momento è rappresentato dal ritmo che la Fed imprimerà al rialzo dei tassi.

Inoltre, a parte le tensioni geopolitche in Iraq, vi è la minaccia di un ennesimo sciopero in Nigeria (quarto produttore Opec) da parte dei lavoratori del settore.

La Fed ha dichiarato chiaramente di non essere preoccupata per ora dall’incremento dei prezzi. Un nuovo posizionamento del greggio al di sopra dei $40, pertanto, potrebbe essere letto più come un potenziale pericolo per la crescita dell’economia piuttosto che un timore di pressioni inflative, soprattutto dopo le dichiarazioni rassicuranti sui prezzi giunti in questi giorni da diversi esponenti della Fed.

In questo contesto potrebbe diventare più arduo immaginare una Fed più aggressiva in termini di conduzione di politica monetaria. Probabilmente l’esitazione da parte di Greenspan nel rialzare i tassi (di qui l’accusa di essere “behind the curve”) potrebbe essere dettata non solo dalla necessità di preparare in modo adeguato gli operatori ad un’inversione della politica monetaria ma anche, forse, dalla necessità del capo della Fed di assicurarsi che la ripresa sia strutturale e non episodica.

In tale ottica, vi potrebbe essere la necessità di mantenere i tassi su livelli relativamente bassi (sebbene superiori ai minimi dell’anno) almeno fino a quando non sarà chiaro se l’economia è in grado di confermare il sentiero di recupero una volta eliminato il supporto fiscale. Si tratta, però, di un interrogativo per la cui risposta occorrerà attendere il terzo trimestre inoltrato.

Nel frattempo i prezzi dei bond sembrano aver già incorporato le tensioni sul fronte prezzi. Ne è testimonianza la reazione al ribasso dei tassi dopo la pubblicazione del pur forte CPI di maggio.

In sintesi, per quanto concerne i bond lo scenario possibile nelle prossime settimane di giugno potrebbe contemplare un incremento del prezzo del greggio fino nuovamente alla soglia dei $40 al barile, che però potrebbe questa volta essere motivo di preoccupazione soprattutto per la crescita.

I bond, avendo già incorporato nei prezzi le aspettative di tensioni possibili sui prezzi, potrebbero registrare un fase di ribasso, iniziata la scorsa settimana. Vi potrebbero essere ulteriori brevi fasi di rialzo (come ad esempio oggi in seguito a dichiarazioni più forti da parte di esponenti della Fed come Guynn) ma non oltre il limite del 4,5% in termini di decennale europeo. In tal caso, per le ragioni citate, l’obiettivo rimane il 4,20% nel corso del mese di giugno.

A sostegno di tale tesi citiamo anche i recenti sondaggi effettuati da Merrill Lynch tra i fund managers che hanno segnalato un incremento di coloro che hanno manifestato una preferenza sui bond vs. corporate.

Inoltre sebbene la percezione diffusa sia quella di una fase del ciclo che avrebbe già sperimentato il momento migliore, il posizionamento di portafoglio non è ancora allineato a tale “view”, presentando ancora un forte sbilanciamento sull’azionario rispetto all’obbligazionario.

Infine alcune considerazioni sul forex alla luce di quanto sopra citato. La recente forte volatilità intraday del cross Euro Dollaro è da attribuire soprattutto alla difficoltà di pricing del forex sulle aspettative delle movimentazioni della Fed dopo il 30 giugno.

Essendo l’orizzonte temporale relativamente lungo, aumenta la rapidità di cambiamento di “view” da parte degli operatori in merito alla velocità del percorso di rialzo dei tassi. Alla fine, però, il cambio rimane ancorato all’interno di un range ampio (1,18/ 1,24) in cui però è aumentata la rapidità con cui vengono testati il limite superiore ed inferiore. Non riteniamo, al momento, che il mese di giugno possa registrare un posizionamento dell’Euro Dollaro al di fuori di tale range.

Nel brevissimo termine, risulta più verosimile immaginare un andamento verso la parte alta del range indicato per due ragioni principali: 1) vi sono nuovi segnali (ancora però da verificare nei prossimi giorni) di calo del prezzo delle Ram, da noi spesso utilizzate come indice anticipatore del forex; 2) tendenza degli operatori verso la copertura dal rischio geopolitico, fattore quest’ultimo che in questa fase penalizza il biglietto verde.

In ogni caso, precisiamo che l’andamento alterno del cambio all’interno di tale range risulta piuttosto complesso da stimare. Pertanto, risulta preferibile un eventuale posizionamento sul cross solo al raggiungimento dei limiti citati, restringendo al limite il citato range nell’ambito dei livelli 1,19/1,22.

* Antonio Cesarano e’ il Responsabile Desk Market Research di MPS Finance.