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MERCATI LATERALI. ANZI, IN ROSSO DAL TOP DEL 2000

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(WSI) – Indici azionari sui massimi dell’anno. Il Nasdaq Composite si è portato verso la resistenza chiave a 2320; l’ S&P500 è indirizzato verso l’obiettivo a 1200; il Dow Jones Industrial sale sopra 10500 e dovrebbe proseguire verso il target indicato a quota 11000.

Dopo un avvio d’anno all’insegna del panico, con le Borse sprofondate ad inizio marzo quasi sui livelli di tre lustri orsono, l’enorme massa di liquidità iniettata dalla Fed e dalle altre Banche Centrali insieme alle politiche fiscali fortemente espansive dei principali governi mondiali hanno consentito l’avvio di uno strepitoso rally, con percentuali che vanno, dai minimi di marzo, dal +63% del Dow Jones Industrial al +81% del Nasdaq Composite.

L’effetto base, cioè i prezzi azionari particolarmente depressi di marzo, ha consentito dei rialzi davvero importanti in termini percentuali, che permettono di chiudere il 2009 in territorio ampiamente positivo, dal +20% del Dow al +45% del Nasdaq. L’ampiezza dei rialzi non deve però trarre in inganno: gli indici, infatti, sono semplicemente risaliti sui livelli di inizio settembre 2008 precedenti al fallimento della grande Banca d’affari statunitense Lehman Brothers, evento che aveva avviato il grande crash sviluppatosi nelle due ondate successive di panic-selling di ottobre-novembre 2008 e di gennaio-febbraio 2009.

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Il forte rimbalzo iniziato dopo che si è esaurita la fase acuta, emozionale della crisi finanziaria sembra da imputare, più che ad aspettative di pronta ripresa del ciclo economico, soprattutto all’effetto combinato del denaro a buon mercato e dei prezzi da saldo delle azioni. A livello tattico, per i prossimi mesi, il permanere dell’effetto liquidità dovrebbe sostenere ancora i listini, ma la prudenza sembra essere la parola chiave per il 2010.

Come abbiamo più volte ricordato, infatti, la forte salita degli ultimi 8-9 mesi appare ancora come un semplice bear market rally. Guardando i grafici degli ultimi 15 anni, sia negli Usa che in Europa ci troviamo di fronte a mercati azionari sostanzialmente laterali, ed addirittura in rosso dal picco di inizio 2000. Non si può certo dire che le tradizionali strategie buy&hold siano state vantaggiose nell’ultimo decennio. Ipotizzare di essere alla vigilia di un vero e proprio mercato Toro, destinato a durare anche negli anni a venire, pare quindi alquanto ottimistico.

Negli ultimi 10 anni i Paesi occidentali hanno avuto dinamiche del Prodotto interno lordo decisamente modeste, se depurate dalla crescita apparente ma sostanzialmente fasulla indotta dal denaro facile (in particolare gli Usa, la cui “crescita” è stata abbondantemente finanziata dal debito). Le “riprese” indotte da stimoli monetari – quasi cure “omeopatiche” – rischiano di rivelarsi effimere, oltre che diseducative perché scoraggiano il risparmio (per via di tassi di interesse praticamente nulli) e spingono ad indebitarsi.

Fino a quando non si creerà ricchezza “vera” le Borse non potranno iniziare a salire in modo sano e sostenibile. Si rischia che da luogo istituzionalmente deputato agli investimenti – dove i risparmi vengono allocati a sostegno dell’economia del Paese – diventino sempre più una sorta di casinò, in cui ci si scambia ricchezza virtuale come nelle tradizionali catene di S. Antonio: un “gioco a somma zero”, insomma.

Solo un forte recupero di produttività, indotto da “salti tecnologici” e riorganizzazioni profonde dei processi aziendali, potrebbe invertire questo lento declino. Senza dimenticare che il prossimo decennio vedrà inevitabilmente un peggioramento della struttura demografica dei Paesi occidentali, in cui il progressivo pensionamento dei cosiddetti baby-boomers (la generazione degli anni 50) non sarà compensato, a causa del calo demografico, da altrettanti nuovi lavoratori (senza considerare i flussi migratori).

Ci saranno quindi più anziani, con maggiori spese per sanità e pensioni, e meno buste paga su cui “scaricare” tali costi. L’”autunno demografico” in cui è entrato il mondo occidentale è probabilmente la causa vera, strutturale, delle crisi che sempre più frequentemente e gravemente colpiscono le economie – e quindi le Borse – di Usa ed Europa. Tant’è vero che molti Paesi cosiddetti emergenti, come India e Brasile, continuano ad avere economie in forte crescita, che si riflettono in mercati azionari risaliti addirittura sui massimi storici.

Siccome i trend demografici sono caratterizzati da forte inerzia, è verosimile ipotizzare che nei prossimi anni assisteremo ad un crescente decoupling tra le economie e le Borse dei Paesi “vecchi” e quelle dei Paesi “giovani”, ovviamente a tutto vantaggio di quest’ultimi. Sarà un processo lento, non lineare, ma sicuramente le due bolle del decennio – la cosiddetta bolla TMT (tecnologia-media-telecomunicazioni) del 2000-2002 e la crisi immobiliare-finanziaria in corso – lasceranno come eredità dei cambiamenti anche a livello geopolitico, con nuovi attori che acquisiranno potere crescente sulla scena internazionale a scapito di altri.

Si è molto parlato della necessità di cambiare le regole nel campo finanziario per evitare il formarsi di nuove bolle nel futuro. È un’esigenza vera, ma non dimentichiamo che le bolle sono sempre esistite ed è verosimile che se ne formeranno ancora in futuro. Ma soprattutto non illudiamoci che sia sufficiente moltiplicare i regolamenti e aggiungere arbitri e guardialinee quando in campo mancano i giocatori.

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*Questo documento e’ stato preparato da Maurizio Milano, resp. Analisi Tecnica Gruppo Banca Sella ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.