La rinnovata fiducia degli investitori nei mercati finanziari e i primi segnali di una ripresa dell’economia fanno sgonfiare la bolla dei credit default swap. Giusto un anno fa, complice il crollo delle Borse seguito al fallimento di Lehman Brothers, il costo dei derivati che assicurano dall’insolvenza sui corporate bond schizzava ai massimi.
Oggi però la situazione sembra totalmente diversa. Credit Derivatives Research, società specializzata in finanza derivata, ha fatto una media del prezzo degli swap emessi da Goldman Sachs, Bank of America e altri 12 tra i maggiori istituti in tutto il mondo specializzati in questo tipo di prodotti. In risultato è che, negli ultimi sei mesi, il loro valore è calato del 66%. E non è tutto. L’indice Markit Cdx, che misura il valore medio degli swap sulle obbligazioni di 125 aziende in Canada e Nord America, è sceso a quota cento punti base. Di questo passo, secondo la Cma Datavision (società specializzata in analisi di mercato), l’indice potrebbe presto toccare i minimi dal 20 maggio 2008.
Un valore ben lontano picchi delle settimane terribili della finanza globale, quando neppure le aziende più solide sembravano al sicuro dallo spettro dell’insolvenza. L’impennata dei prezzi dei cds, polizze di assicurazione contro il default dell’azienda, fu uno degli effetti del crollo dei mercati. E, allo stesso tempo, l’emblema degli stessi eccessi che l’avevano generata. Eccessi che avevano trasformato, nel corso degli ultimi anni, i credit default swap da mera forma di copertura, a micidiale strumento di speculazione. «Armi di distruzione finanziaria di massa», come li definì Warren Buffet, uno dei finanzieri più ascoltati di Wall Street, cresciuti a dismisura nel corso degli anni. Basti pensare che, secondo una ricerca dell’International Swap and Derivates Association, dalla prima metà del 2001 alla fine del 2007, il valore dei contratti derivati (di cui i cds sono solo una tipologia) è passato da 632 miliardi di dollari all’astronomica cifra di 62mila miliardi di dollari (quasi 10 volte il debito pubblico americano).
Copyright © Il Sole 24 Ore. All rights reserved