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MERCATI: IL 2005 INIZIA IN MODO CONFUSO

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*Michele Pezzinga e’ lo strategist di CentroSim. I suoi commenti non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

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(WSI) – Inizio d’anno confuso per i mercati, forse un assaggio di come sarà
l’intero 2005. La perdurante euforia sulle Borse europee stavolta non ha
infatti trovato conferme oltreoceano, dove l’S&P 500 ha ceduto lo 0,81% e
il Nasdaq l’1,1%, sull’onda di una più accentuata debolezza nel comparto
semiconduttori (-2,1%).

Difficile attribuirne l’origine ai dati macro,
visto che il calo della spesa nel settore costruzioni (un -0,4% in
novembre, già in parte anticipato dal -12% segnato dalle vendite di nuove
case nello stesso mese) non ha certo un grosso valore segnaletico, mentre
il più significativo indice ISM ha confermato le attese, salendo in
dicembre a quota 58,6, da una lettura precedente pari a 57,8.

Il traino è
giunto dai nuovi ordini (67,4, da 61,5), il freno dalla solita debolezza
nell’area occupazione, la cui componente è calata da quota 57,6 a 52,7; a
quest’ultimo proposito, comunque, vale la pena di concentrarsi sui nuovi
occupati di dicembre, in programma per venerdì prossimo e anticipati
mediamente in crescita a quota 175mila unità dalle deludenti 112mila di
novembre.

Nonostante il buon 2005 atteso sull’economia USA dal consenso
degli economisti interpellati dal Wall Street Journal (un +3,6% solo di
poco inferiore al +3,9% finora registrato per il 2004, con una probabilità
di ricaduta nella recessione relegata all’11%) e il nuovo brusco calo del
greggio (stavolta motivi climatici sfavorevoli per i consumi di energia),
il reddito fisso è comunque ripartito, trainato dal Bund, il cui
rendimento sulla scadenza decennale stamani è sceso di nuovo attorno alla
soglia del 3,65%.

Massima volatilità invece per il dollaro, che tra forti
oscillazioni giornaliere alla fine è tornato quasi a quota 1.34 contro
l’euro, smentendo il consenso quasi unanime che lo vedeva in ulteriore
indebolimento: come già accaduto l’anno scorso, forse ciò si verificherà
passando prima per un temporaneo recupero, con un movimento che potrebbe
inizialmente alimentare false speranze sulle prospettive della valuta USA
(e grande confusione per gli scenari globali).

Pericoloso estrapolare delle tendenze dall’andamento di una singola
seduta, caratterizzata peraltro da volumi semi-festivi. La nostra
impressione rimane comunque che l’economia europea farà fatica a
riprendersi: anche stamani l’aumento superiore al previsto dei disoccupati
in Germania (+17mila unità destagionalizzate a sfiorare i 4,5 mln, il
livello più elevato dal lontano dicembre 1997) ha confermato il momento
difficile per il motore della crescita continentale.

I rendimenti
obbligazionari, in particolare quelli euro, rimarranno quindi compressi, a
tutto vantaggio della domanda di attività alternative al reddito fisso,
dall’azionario all’immobiliare. In quest’ottica – l’effetto ciclo impedirà
ai tassi di salire probabilmente per tutto il 2005 – riusciamo a
razionalizzare la debolezza registrata ieri dai bancari (con l’unica
eccezione, giustificata, di Antonveneta, e della solita Capitalia, ancora
in battuta, e che secondo alcuni rumor potrebbe forse entrare nella
partita finora giocata dalla Lodi), ma non la forza di alcuni media – ieri
ancora RCS, oggi Mediaset – alla luce di un quadro generale e per il
comparto tutt’altro che euforico.

Prevedibile e logico invece il continuo
interesse per molte realtà difensive e per quelle caratterizzate da
elevati rendimenti, tra cui spiccano Telecom Italia e di riflesso le sue
holdings, che si avvantaggiano anche dei probabili riposizionamenti di
portafoglio, da parte degli istituzionali, collegati all’OPA in corso su
TIM.

Se oggi replicare l’indice e il maggior peso della nuova Telecom
appare l’imperativo più pressante per evitare il rischio di una temuta
underperformance, un domani non è detto che la scelta sia quella vincente:
la vicenda Ipse conferma infatti la volontà di Enel di uscire da Wind, a
fronte di un’ipotesi France Telecom che rimane quella più ragionevole,
anche se ancora in fase di verifica, più “politica” che finanziaria.

Con
l’aggiunta di una H3G rafforzata dal progetto quotazione, continuiamo a
credere che le pressioni competitive sul mercato italiano delle tlc
inizieranno a farsi sentire in maniera più pressante nei mesi a venire,
condizionando anche gli umori finora così positivi sulla scuderia Telecom.

Tra qualche switch dall’obbligazionario e l’incasso previsto per fine mese
dall’OPA Tim, l’effetto liquidità al momento prevale comunque su ogni
altra considerazione, e la frenesia di investire subito non sembra
suggerire troppe cautele. Sarà, ma almeno una pausa tecnica, per il
mercato in generale, sarebbe opportuna.

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