Società

MERCATI: I PERICOLI CHE L’EUROPA NON VEDE

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(WSI) – Cos’altro deve succedere, perché le torpide istituzioni internazionali ascoltino il sinistro tictac della bomba a orologeria innescata dentro i bilanci delle banche? La crisi nasce in America, ma si ripercuote sull’Europa. Terremota i mercati finanziari e condiziona anche quelli monetari. Le misure “assistenziali”, decise a posteriori, valgono poco. Discriminano tra le “vittime” dei default, e producono distorsioni nei meccanismi concorrenziali.

Persino Bush è caduto nella trappola, e si è guadagnato le critiche del Wall Street Journal. Più che intervenire a babbo morto, è importante prevenire, quando sono ancora tutti vivi. E allora non può non preoccupare l’ennesima frattura che ha impedito all’Ecofin di raccogliere la sacrosanta proposta lanciata da Tommaso Padoa Schioppa. Rafforzare a livello europeo la vigilanza sui mercati finanziari, in un momento come questo, non è solo opportuno, è necessario. Nella migliore delle Europe possibili, dove vigono un mercato unico e una moneta comune, sarebbe essenziale arrivare a costituire una sola autorità di vigilanza bancaria.

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Lo aveva già intuito quel genio di John Keynes, nel 1931, ed è stato un dramma non averlo ascoltato. Ma si sa: la politica è l’arte del possibile. E oggi, tra l’altro, un’innovazione del genere richiederebbe una modifica dei Trattati. Dunque tempi lunghi, e lunghi negoziati. Ma nel frattempo, è assurdo non procedere quanto meno a un coordinamento delle istruzioni di vigilanza tra i vari paesi europei. È assurdo imporre ai 45 gruppi bancari transnazionali che già esistono nell’eurozona di modificare i loro parametri secondo la nazione in cui opera ciascuna delle rispettive filiali. Il nostro ministro del Tesoro ha perfettamente ragione quando, a proposito delle turbolenze in corso, sostiene che mentre la Fed era al corrente di quanto stava accadendo sui mercati Usa, qui da noi “la Bce è stata costretta ad operare al buio”.

Eppure questa inquietante constatazione non è bastata a convincere Gran Bretagna e Germania a raccogliere la proposta italiana. La questione è stata giudicata troppo “sensitive” dal punto di vista politico. Speriamo che abbia ancora ragione Padoa Schioppa, quando afferma che in ogni caso si è “aperta una breccia”, e “in primavera qualcosa si potrebbe muovere”. Ma ci permettiamo di nutrire qualche pessimismo.

Ancora una volta, i riti faticosi della politica si scontrano con i ritmi vorticosi della finanza. Le perdite su derivati e finanza strutturata aumentano. La fiducia è merce sempre più rara. Comincia a serpeggiare un allarme liquidità. Persino nel nostro “piccolo borgo” si sente parlare di un possibile credit crunch all’italiana. Più che aspettare primavera, rischiamo di precipitare in un lungo inverno.

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