Mercati

Gli anni a venire saranno d’Oro

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

C’è ancora spazio per l’oro nei portafogli degli investitori. Il metallo prezioso, dopo il rally estivo (+12%) che lo ha portato fino a 1.357 dollari per oncia – le quotazioni dell’estate 2016 – sta ora ritracciando verso area 1.300. La correzione è legata sia al rafforzamento del dollaro Usa sia alla pausa nell’escalation nella Penisola coreana. Quest’ultima sembra dovuta più alla necessità di studiare con attenzione le mosse da fare per contenere il dittatore nordcoreano che a una riduzione della tensione sul 38° parallelo. L’oro, pertanto, potrebbe ripartire al rialzo. Secondo James Luke, co-gestore del fondo Schroder Isf Global Gold di Schroders, a spingere i prezzi saranno anche ragioni finanziarie.

La nuova età dell’oro

“Gli investitori sono troppo poco investiti su questa asset class” è la constatazione di James Luke che, pertanto, prevede l’avvio di una fase positiva che potrebbe durare diversi anni. “Nonostante il solido track record come bene rifugio in tempi di incertezza, e nonostante il contesto globale al momento sia probabilmente più incerto rispetto a qualsiasi altro periodo dalla fine della seconda guerra mondiale, le attuali posizioni sugli ETF sull’oro, in percentuale agli asset detenuti a livello globale in ETF, sono scarse”.

Il capitale investito negli ETF sull'oro rispetto a tutti gli altri ETF
Il capitale investito negli ETF sull’oro rispetto a tutti gli altri ETF

“Il confronto con il 2012 mette bene in evidenza quanto espresso da Luke. Le posizioni sugli ETF sull’oro sono calate da più di 85 milioni di once a circa 68 milioni ad agosto 2017. In un mondo di grandissima liquidità e di valutazioni altissime per gli asset finanziari, si tratta di una notizia positiva per l’oro”. E ciò nonostante gli investimenti in ETF sull’oro siano aumentati del 32% nel 2016 e dell’8% nel 2017.

Azioni d’oro

La stessa osservazione fatta sugli ETF può essere trasposta al mercato azionario. “L’attuale peso dell’azionario aurifero nord americano nello S&P500 statunitense e nel TSX canadese è sceso a un mero 0,6%, dopo il picco sopra il 2% raggiunto nel 2012. Per mettere in prospettiva questa bassa percentuale – prosegue Luke -basti pensare che i produttori auriferi nord americani (quindi sia degli Usa sia del Canada) hanno una capitalizzazione di mercato combinata inferiore ai 150 miliardi di dollari, certamente poco. Questa cifra evidenzia l’effetto rarità dei titoli azionari auriferi nel caso in cui il mercato toro per il metallo giallo dovesse veramente partire”.

 

“Questo scarso peso dell’oro ci sorprende, visti i crescenti rischi geopolitici, il rischio di inflazione in aumento e di conseguenza i tassi reali negativi. Anche perché la maggioranza delle società in cui investiamo hanno fondamentali in miglioramento e stanno scambiando al livello più basso nel loro range di valutazioni storico. Per quanto riguarda l’oro, riteniamo che l’azionario aurifero sia ancora conveniente e ci teniamo a segnalare che le nostre posizioni su questa asset class scontano un prezzo del metallo giallo inferiore ai 1.200 dollari/oncia, in un momento in cui il prezzo reale, al 12 settembre, è pari a 1.327 dollari/oncia”.