USA: pur in assenza di dati macro di rilievo, ieri è stata piuttosto forte l’oscillazione dei corsi registrata sia sul mercato dei cambi che su quello obbligazionario. Dopo numerose giornate di indebolimento del Dollaro ieri si è assistito ad un andamento opposto. I fattori che hanno causato il forte rintracciamento sono molteplici. Da un lato si è l’annuncio del mantenimento dei tassi fermi da parte della banca centrale canadese (che da settembre aveva iniziato una fase di politica monetaria restrittiva), motivato con i timori che il trend di deprezzamento del dollaro potrebbe causare sull’economia del paese. Si tratta di un elemento di rilievo in considerazione del fatto che il Canada rappresenta il principale partner commerciale degli Usa ed inoltre le esportazioni pesano per circa il 40% del Pil, il valore più elevato nell’ambito del G-7.
La preoccupazione espressa dalla banca centrale canadese, potrebbe pertanto portare anche tale istituto ad effettuare interventi sul forex per frenare l’eventuale eccessivo movimento di deprezzamento del Dollaro Usa. La notizia è stata probabilmente un’occasione per realizzare cospicui profit taking da parte degli operatori speculativi.
Altro elemento a favore del Dollaro è stato rappresentato dal risultato dell’asta sul 5 anni Treasury da 15Mld$, che ha evidenziato il più elevato livello di sottoscrizione (circa 65%) da parte degli indirect bidders (tra cui vi sono anche gli investitori stranieri) da quando (maggio 2003) il Tesoro Usa ha pubblicato tale dettaglio. Successivamente, la smentita ufficiale delle voci di possibili dimissioni del ministro del tesoro Usa Snow (fautore di una sostanziale politica del Dollaro debole), hanno frenato l’apprezzamento del biglietto verde.
Europa: per la prima volta dopo cinque mesi, sale l’indice Zew, grazie al calo del prezzo del greggio che dovrebbe ridurre la bolletta energetica di imprese e famiglie, alleviando i contraccolpi sull’export causati da un euro in salita contro il dollaro e quelli generati sui consumi da un tasso di disoccupazione in aumento.
L’indice a dicembre è salito a 14,4 da 13,9 di novembre, rimando tuttavia tra i valori più bassi registratisi dal 2003. Restano fortemente negativi i giudizi sulla situazione corrente (-64,2 da –57,8). Il capo della Bundesbank, Weber, ha comunicato di attendersi una crescita tedesca nel 2005 all’1,3%, inferiore alle stime di crescita per il 2004 dell’1,7%. Il disavanzo pubblico potrebbe essere contenuto entro la soglia del 3%, con segnali di miglioramento della fiducia, sebbene il punto debole dell’economia tedesca resti il mercato del lavoro.
Preoccupazioni a Bruxelles per la discrepanza tra conti pubblici e debito italiano. Nel documento della Direzione generale degli affari economici della Commissione sulla trasparenza dei conti pubblici dei paesi membri si sottolinea come nel caso italiano la dimensione dell’incoerenza tra il fabbisogno e l’indebitamento è difficilmente spiegabile come discrepanza di natura statistica. Sono ora attese le conclusioni del gruppo di lavoro creato da Tesoro, Bankitalia e Ragioneria dello Stato in accordo con il Consiglio Ue e con il comitato economico e monetario dell’Unione, che dovrà far luce sui conti pubblici italiani.
Asia-Pacifico: contrastate le maggiori borse della regione, con l’indice azionario Nikkei 225 che ha ceduto l’1,51%, dopo il guadagno dello 0,62% di ieri. In Giappone, la seconda lettura del PIL reale per il terzo trimestre, pubblicata ieri, ha mostrato una crescita dello 0,2% annualizzato, superiore alla stima iniziale di una contrazione dello 0,1%, ma minore delle attese degli economisti: le variazioni sono calcolate con il nuovo metodo che impiega indici dei prezzi a catena. La stima preliminare con il vecchio metodo mostrava una crescita dello 0,3%.
Ad una revisione al rialzo della spesa per beni capitali si è contrapposto un fiacco andamento dei consumi privati, su cui continuano a pesare il prolungato calo dei salari e la non brillante dinamica del mercato del lavoro, lasciando la crescita economica dipendente da investimenti ed esportazioni e, quindi, vulnerabile a shock esterni. I primi rapporti economici per il trimestre in corso sembrerebbero suggerire come la decelerazione stia continuando, con gli ordinativi di macchinari industriali scesi inaspettatamente del 3,6% in ottobre, su base destagionalizzata, mentre nello stesso mese l’avanzo di partite correnti si è ulteriormente contratto, raggiungendo l’equivalente di $13,1Mld, sempre su base destagionalizzata. In Cina, la produzione industriale è cresciuta in novembre al ritmo più basso degli ultimi diciotto mesi, segnando un aumento del 14,8% a/a, minore delle attese, segno dell’efficacia dei controlli amministrativi sul credito.
Commodity: le scorte petrolifere statunitensi nella settimana conclusasi il 3 dicembre hanno fatto registrare un incremento di 0,6 Mln di barili, insieme ad un rialzo sia dei distillati che delle benzine. Il dato ha determinato un calo delle quotazioni che però poi sono tornate a salire a causa dell’arrivo di una perturbazione Artica che dovrebbe abbattersi sugli Stati Uniti la prossima settimane e che potrebbe aumentare la domanda di petrolio da riscaldamento. Intanto è molto attesa la riunione Opec che inizierà al Cairo domani, in cui i ministri saranno chiamati a decidere se rivedere o meno le quote di produzione.
A cura di A. Cesarano (Responsabile desk Market Research), L. Lorenzoni (Economista), C.Pace (Research Assistant)