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MERCATI FINANZIARI: L’ OUTLOOK (23/3/05)

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USA: la Fed ha innalzato il livello obiettivo dei Fed Funds di 0,25%, il settimo incremento da giugno, raggiungendo così il 2,75%. Il comunicato che ha accompagnato l’annuncio della decisione ha in parte spiazzato gli osservatori: se da un lato è stata mantenuta nel comunicato la parola ‘misurato’ così come riferita all’atteso ritmo di rimozione dell’accomodamento monetario, dall’altro il Fomc ha esplicitamente preso atto della solidità della ripresa economica, nonostante gli alti costi dell’energia, ed ha riconosciuto i segnali di maggiori spinte inflazionistiche nei mesi recenti, con una migliorata capacità delle imprese di aumentare i prezzi dei propri prodotti, pur sempre a fronte di aspettative di inflazione a lungo termine che sembrano mantenersi contenute.

E’ risultato leggermente modificato anche il wording circa il bilanciamento dei rischi in relazione agli obiettivi di crescita sostenibile ed inflazione moderata, bilanciamento considerato conseguito in relazione ai prossimi trimestri, nel precedente comunicato, ed ora, invece, condizionato all’esercizio di un’appropriata azione di politica monetaria.

Il comunicato sembra essere il frutto di un’attenta mediazione tra le due diverse correnti di pensiero all’interno del board sul tema di prezzi.
Le minute dell’incontro saranno rese pubbliche il 12 aprile p.v.. I cambiamenti apportati al comunicato di ieri, sembrano essere funzionali alla cancellazione del “measured” che al momento ci attendiamo non prima del Fomc del 30 giugno.
L’importanza del ritmo impresso dalla Fed alle azioni di politica monetaria, sono risultate evidenti, vista la marcata penalizzazione dei Treasuries, l’allargamento degli spread sui corporale bonds e sui titoli dei paesi emergenti ed infine un rialzo delle volatilità sugli indici azionari.

Dal punto di vista macroeconomico, ieri il dato dell’indice dei prezzi alla produzione negli Stati Uniti d’America è risultato in aumento dello 0,4% in febbraio, su base destagionalizzata, più delle attese ed in accelerazione rispetto al +0,3% del mese precedente, dato che comunque era stato interpretato benevolmente dai mercati, con la variazione tendenziale annua aumentata a +4,7%, mentre il dato depurato delle componenti volatili relative ad energia e generi alimentari ha rispettato le attese.

Europa: come nelle attese rallentano i consumi delle famiglie francesi che a febbraio hanno registrano una crescita del 3,3% a/a dal 4,4% di gennaio. Il calo ha interessato tutti i settori, con il comparto auto che ha registrato la seconda contrazione consecutiva. Il dato confermerebbe le attese di un rallentamento del Pil del primo trimestre rispetto al primo trimestre 2004.

Il calo dei consumi è da attribuire alla fine degli sconti stagionali, all’aumento della disoccupazione e dei costi energetici che hanno scoraggiato gli acquisti. Sempre in Francia il ministro delle Finanze ha abbassato le stime di inflazione per il 2005 portandole all’1,5% dall’1,8% a causa del rafforzamento dell’euro contro dollaro che ridurrebbe il costo delle importazioni di greggio.

In Italia il ministro dell’Economia ha annunciato che il governo rivedrà al ribasso le stime di crescita del 2005. La revisione avrà luogo solo dopo la pubblicazione dei dati di marzo e dopo che Bruxelles avrà rilasciato le sue stime. Si contrae a gennaio il dato sugli ordinativi industriali tedeschi (-3,5% m/m da 7,6%), con un calo sia della componente interna (-6,3% m/m da 8%) sia di quella estera (-0,4% m/m da 7%). Oggi è attesa la pubblicazione dell’Ifo tedesco che fornirà maggiori indicazioni sull’andamento economico futuro del paese.

Asia-Pacifico: in Asia, sulla scorta dell’andamento delle borse nordamericane, i maggiori indici azionari stamani risultavano in calo, con le sole eccezioni di Shanghai, Shenzhen e Taipei. In Giappone, il dato per febbraio ha evidenziato un avanzo di partite visibili per ¥915Mld, su base destagionalizzata, in aumento sul mese, ma inferiore alle attese ed in calo di più del 22% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, dopo il forte calo a/a registrato a gennaio.

Il rallentamento delle esportazioni nette di merci può essere in parte attribuito all’alto prezzo del petrolio, che gonfia il valore delle importazioni, ma ciò che preoccupa è la mancanza di brillantezza delle esportazioni, in una certa misura dovuta alla debole domanda internazionale per i prodotti dell’elettronica, come i semiconduttori impiegati nei telefoni cellulari, mentre degno di nota è il calo del 2,2% a/a delle esportazioni di merci verso la Cina, partner commerciale chiave per l’arcipelago, il primo calo dal dicembre 2001.

Commodity: scendono dai massimi le quotazioni petrolifere che restano comunque sopra i 56 $/b. Ieri l’Opec ha dichiarato che al momento non c’è alcun bisogno di decidere per un aumento della produzione nei prossimi 15 giorni. L’atteggiamento cauto si giustifica col fatto che l’estrazione Opec di 27,5 Mln b/g è vicino ai massimi degli ultimi 25 anni, mentre la capacità residua non raggiunge i 2 Mln b/g.

A cura di A. Cesarano (Responsabile desk Market Research), L. Lorenzoni (Economista Senior), A. Mercuri (Analista), C.Pace (Economista)