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MERCATI FINANZIARI: L’ OUTLOOK (14/4/05)

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USA: le vendite al dettaglio di marzo hanno evidenziato una variazione mensile al di sotto delle attese sia in termini generali che al netto della componente auto. A contribuire positivamente al dato sono state le componenti materiali per costruzioni, quella energetica e quella inerente le vendite di auto. Negative invece altri importanti sottocomponenti come quella dell’abbigliamento e dell’elettronica.

Se si considera il dato al netto delle componenti auto, edilizia ed energia (ossia quelle non inserite o rilevate mediante differenti fonti nel computo del personal consumption del Pil) la variazione mensile diventa addirittura negativa e pari a -0,3%. Precisiamo che nel computo del PCE utile per il calcolo del Pil vengono considerati anche i servizi, esclusi invece dal dato pubblicato oggi.

Emergono pertanto primi segnali di una crescita che almeno nel primo trimestre dell’anno, potrebbe risultare inferiore rispetto alle stime mediane che prima della pubblicazione del dato sulla bilancia commerciale avevano raggiunto il 4%. Ieri Fisher, nuovo membro votante della Fed a partire dal prossimo Fomc del 3 maggio, si è detto d’accordo con l’approccio graduale tenuto finora dalla Fed, pur dichiarandosi in particolare maggiormente attento alla dinamica dei prezzi più che della crescita.

Piuttosto singolare ieri la reazione sul mercato forex dopo i dati sulle vendite al dettaglio: così come accaduto dopo i dati sul deficit commerciale, dopo una prima fase di indebolimento del Dollaro è seguita una fase opposta.

Tale atteggiamento apparentemente paradossale potrebbe ricollegarsi alla maggiore appetibilità offerta dai Treasuries in un contesto di economia Usa in lieve rallentamento o meno forte del previsto in cui, la continuazione dell’approccio measured della Fed rende lo spread sui tassi eccessivamente ampio.

Europa: la produzione industriale italiana per il mese di febbraio ha mostrato una forte flessione. Il dato aggiustato per i giorni lavorativi è sceso del 2.5% a/a, dopo il –2% di gennaio. In disaggregato è emersa una sensibile flessione di tutte le sottocomponenti ad eccezione di quella energetica (+5% a/a) e dell’editoria (+2,2% a/a).

Il dato italiano unito alle deludenti letture di Germania e Francia avvalorano l’ipotesi di un rallentamento del tendenziale per l’intera area Euro a febbraio. Intanto le maggiori istituzioni internazionali hanno rivisto al ribasso le stime di crescita dell’area Euro e delle principali economie.

Il Fmi ha portato le stime di crescita dell’intera area ad 1,6%, dal 2,2% stimato in settembre dello scorso anno. Il maggior paese penalizzato dalla revisione è stata la Germania (a 0,8%, dall’1,8%), seguita dall’Italia (a 1,2%, dall’1,9%) e dalla Francia (a 2%, da 2.3%). Negativa anche l’Ocse sebbene la sua stima rimanga più ottimista rispetto a quella del Fmi.

L’organizzazione con sede a Parigi ha portato le sue previsioni per l’area Euro all’1,7%, dall’1,9% precedente. Oggi l’attenzione sarà posta sul bollettino della Bce che dovrebbe ribadire quanto emerso nel corso dell’ultima conferenza stampa di Trichet.

Ieri Issing ha ribadito che l’attuale politica monetaria rimane accomodante per la crescita che continua a rimanere modesta. Malgrado le spinte che il rialzo del prezzo del greggio sta generando sui prezzi la dinamica inflattiva continua a rimanere sotto controllo grazie ad una dinamica salariale molto contenuta.

Asia-Pacifico: sull’onda della chiusura negativa di Wall Street, il giorno precedente, stamani i maggiori indici azionari della regione registravano tutti perdite, in una giornata altrimenti priva di dati macroeconomici di rilievo per i paesi dell’area.

A Tokio, l’indice Nikkei 225 ha ceduto lo 0,64%, portando a quattro le sedute negative consecutive, in una combinazione di timori per la dinamica dei consumi negli USA ed in Giappone, delle preoccupazioni per i margini di profitto e gli utili aziendali nipponici, e dell’altrimenti improbabile peso dato dai mercati all’ultima ragione di tensione tra i governi di Tokio e Pechino, con i cinesi che hanno protestato con forza per la decisione del Giappone di consentire alle proprie aziende l’esplorazione dei giacimenti di gas naturale sotto il mar della Cina, in acque ancora soggette a disputa tra i due paesi leader asiatici, definendo tale decisione una ‘seria provocazione’.

La disputa avrebbe attirato meno attenzione tra gli operatori se non si andasse ad aggiungere ad una serie di elementi di tensione, in concomitanza, tra l’altro, con le negoziazioni per la riorganizzazione delle Nazioni Unite e, in particolare, della composizione del Consiglio di Sicurezza.

Commodity: oltre le attese i dati sulle scorte petrolifere statunitensi. Nella settimana conclusasi l’8 aprile le scorte di greggio sono cresciute di 3,6 Mln di barili contro un’attesa di 400.000 barili, salgono anche le scorte di benzine (800.000 barili), mentre scendono di 100.000 barili quelle di distillati.

I dati confermerebbero l’allentamento dei timori di un’insufficiente offerta di benzine, la cui domanda raggiunge il picco nel periodo estivo. Gli operatori, confortati dai dati e dalle dichiarazioni dell’Iea, che ha abbassato la domanda mondiale di greggio, hanno dato inizio ad un flusso di vendite generando un calo del prezzo del greggio del 3,2%.

A cura di A. Cesarano (Responsabile desk Market Research), L. Lorenzoni (Economista Senior), A. Mercuri (Analista), C.Pace (Economista)