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MERCATI FINANZIARI: L’ OUTLOOK (04/4/05)

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USA: i dati sul mercato del lavoro di marzo hanno evidenziato un incremento degli occupati nel settore non agricolo sensibilmente inferiore alle attese, a fronte invece di un rialzo dei salari medi orari che ha invece sorpreso al rialzo. Il tasso di disoccupazione si è invece riportato al 5,2% da 5,4%. Ancora una volta pertanto sono risultate contrastanti le indicazioni fornite da quest’ultimo dato rispetto a quelle invece desumibili dai non farm payrolls.

A parte la consueta considerazione inerente il diverso campione di riferimento per il calcolo dei due indicatori, un recente report della Fed di Atlanta ha focalizzato l’attenzione soprattutto sulla dinamica del tasso di partecipazione che, permanendo ancora su livelli piuttosto bassi, potrebbe essere alla base delle indicazioni spesso contraddittorie fornite dal tasso di disoccupazione. Stando alle indicazioni fornite dai non farm payrolls, ne emerge per ora un quadro di gradale miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, sebbene però a ritmi meno entusiasmanti rispetto a quanto era ad esempio emerso a febbraio.

La “cautela cronica” dei produttori potrebbe ora essere dovuta ai timori determinati dal perdurante elevato livello delle materie prime che tenderebbe a frenare le nuove assunzioni. In ogni caso il dato di marzo ha anche evidenziato lievi pressioni sul fronte salariale. Di conseguenza, il comunicato della Fed nella versione dell’ultimo Fomc del 22 marzo, potrebbe ancora essere replicato nel prossimo meeting del 3 maggio con un ennesimo incremento di 25bps.

Il Fomc che potrebbe comportare un cambiamento nel wording dello statement è quello del 30 giugno. L’eventuale eliminazione del measured, non necessariamente potrebbe però preludere ad un’accelerazione nel processo di politica monetaria restrittiva. Gli indici Ism del settore manifatturiero di marzo è rimasto sostanzialmente invariato a fronte invece di un recupero di quello del settore servizi.

Analoghe però le indicazioni in merito alle sottocomponenti occupazionali (entrambe ridimensionatisi) così come poi emerso dal dato finale pubblicato venerdì. Nel corso della settimana il calendario macro si presenta piuttosto scarno. Saranno invece numerosi i discorsi da parte di diversi esponenti della Fed tra cui Greenspan.

Europa: si contrae l’attività del settore manifatturiero italiano. A marzo l’indice Pmi è sceso a 49,1, da 50,6, posizionandosi sotto la soglia che separa l’area di contrazione da quella di espansione. Mentre la componente produzione rimane ancora sopra tale soglia, l’indice dei nuovi ordini scende a 48,9 da 51,2.

Nell’intera area euro l’indice Pmi è sceso a 50,4, da 51,9, toccando il minimo da novembre 2004. Tra le componenti da segnalare la discesa dell’indice relativo ai prezzi input sceso a 59,8, da 64,8, il minimo degli ultimi tredici mesi. Scende anche l’indice dei nuovi ordini (50,4 da 52,8). La settimana si presenta scarna di dati macro ad eccezione della produzione industriale tedesca in calendario giovedì.

Sempre giovedì si svolgerà la riunione della Bce, da cui non sono attesi cambiamenti sul livello dei tassi, mentre più interessante sarà la conferenza stampa di Trichet successiva alla riunione da cui potrebbero emergere indicazioni sulle future mosse di politica monetaria.

Asia-Pacifico: negativi, stamani, i maggiori indici azionari della regione, con l’eccezione del Kospi Composite, sostanzialmente invariato a Seoul. A Tokio, l’indice Nikkei 225 ha ceduto lo 0,48%, in una sessione che ha visto gli acquisti concentrarsi sui titoli legati ai comparti di petrolio e carbone, estrazione mineraria e materie prime.

In Giappone, la base monetaria è aumentata in marzo del 2% rispetto allo stesso mese del 2003, più delle attese ed in accelerazione rispetto al precedente dato, mentre per domani è attesa la pubblicazione del dato per febbraio della spesa per consumi delle famiglie, importante per capire, dopo le recenti delusioni, quanto la domanda interna potrà effettivamente contribuire a rivitalizzare la crescita economica nell’arcipelago.

Commodity: tornano a salire le quotazioni petrolifere, toccando un nuovo massimo di 57,70 $/b. L’aumento è dovuto all’aumento dei timori sulle capacità produttive delle raffinerie statunitensi e ad uno studio di Goldman Sachs secondo cui il prezzo del greggio potrebbe raggiungere i 105 $/b.

Il segretario generale dell’Opec ha intanto dichiarato che, se i prezzi continueranno a rimanere alti, l’Organizzazione potrebbe decidere per un ulteriore incremento di output di 500.000 barili. La decisione dovrebbe giungere in settimana.

A cura di A. Cesarano (Responsabile desk Market Research), L. Lorenzoni (Economista Senior), A. Mercuri (Analista), C.Pace (Economista)