USA: il dato sulla produttività del settore non agricolo del quarto trimestre è stato sensibilmente rivisto al rialzo (da 0,8 a 2,1% su base annualizzata) comportando di conseguenza una revisione di segno opposto del costo unitario del lavoro. Complessivamente il secondo semestre ha comunque evidenziato un trend calante in termini di produttività rispetto alla prima parte del 2004.
La revisione pubblicata ieri evidenzia la possibilità di un processo di ridimensionamento della crescita della produttività più graduale rispetto alle attese, con una conseguente minore potenziale pressione sui prezzi derivanti dall’incremento del costo del lavoro. Su quest’ultimo tema oggi sono molto attesi i dati sul mercato del lavoro. A tal proposito la sottocomponente occupazionale dell’indice ISM del settore servizi di febbraio si è posizionata sui livelli record storici. Tutti i principali indici anticipatori pertanto (ad eccezione del settore manifatturiero) hanno segnalato la possibilità di un dato sui nonfarm payrolls superiore alle 200.000 unità, così come risultano al momento posizionate le aspettative mediane degli economisti.
Gli operatori di mercato sembrano però essere più cauti, evidenziando una sostanziale fase attendista sia sul mercato obbligazionario che su quello azionario. Nel primo caso segnaliamo l’impatto piuttosto forte registrato dal rialzo del prezzo del greggio in termini di rialzo delle breakeven implicite dei Tips. Tale andamento, se confrontato con una sostanziale stabilità dei rendimenti nominali, tende a rendere verosimile la possibilità di un posizionamento al rialzo dei tassi di mercato nominali Usa, laddove le attese sui nonfarm payrolls fossero rispettate. Sul tratto decennale l’obiettivo è situato in tal caso in prossimità del 4,5%.
Nell’ambito dei paesi emergenti l’indice Embi+ spread ha raggiunto il nuovo minimo storico a 340bps, evidentemente supportato dalla tendenza a sfruttare i carry trades con l’effetto leva fornito dagli high yield. L’Argentina ha confermato che il tasso di adesione allo swap è stato pari al 76%.
Europa: la riunione della Bce si è conclusa con un nulla di fatto. Nella conferenza stampa successiva alla riunione, Trichet ha dichiarato che non ci sono evidenze di pressioni inflative anche se nel medio periodo le autorità continueranno a rimanere attente agli sviluppi sui prezzi. In tal senso andranno monitorati attentamente gli effetti che eventuali incrementi nelle quotazioni del greggio potrebbero avere sull’inflazione, anche se l’ipotesi più verosimile è che, con una domanda interna sostanzialmente debole, le eventuali pressioni dal lato dell’offerta possano essere riassorbite velocemente.
Relativamente alla crescita, malgrado Trichet abbia ammesso il rallentamento del secondo semestre del 2004, ha ribadito il suo ottimismo sul 2005, sia nell’attesa di una domanda estera sostenuta che di una domanda interna in miglioramento. Malgrado le dichiarazioni di Trichet, la stima media degli analisti interpellati dalla Bce è stata abbassata all’1,6% dall’1,9% precedente (il range è passato al 1,2%-2%, rispetto all’1,4%-2,4% di dicembre). Più modeste anche le stime di inflazione portate nel range di 1,6%-2,2%, rispetto all’1,5-2,5% precedente.
Asia-Pacifico: in rialzo, stamani, gli indici azionari delle maggiori borse della regione, con le eccezioni di Hong Kong, Taipei, Shanghai e Shenzhen, con i titoli dei comparti minerario ed energetico a trascinare i listini al rialzo, anche a seguito dei nuovi aumenti del prezzo del petrolio. A Tokio, l’indice Nikkei 225 ha messo a segno la settima chiusura positiva consecutiva, prolungando la più lunga sequenza di chiusure in rialzo da quattro anni a questa parte, arrivando in prossimità di livelli di fine giornata non più visti dal luglio dello scorso anno.
Male i titoli delle aziende manifatturiere, nel timore che i maggiori costi per energia e materie prime possano incidere sostanzialmente sulle prospettive di utile nel medio termine. Per gli equilibri geopolitici delle regione, e per l’evoluzione dei rapporti tra Cina ed USA, sarà interessante seguire i lavori, nel fine settimana, della sessione annuale del Congresso Nazionale del Popolo, alla luce dei cambiamenti della leadership ad Hong Kong, della prospettata legge ‘anti-secessionistica’ nei confronti di Taiwan, dell’aumento del budget militare di più del 12% e dei cambiamenti nella composizione del personale negli organi di governo cinesi, rafforzando i poteri nelle mani del presidente Hu Jintao.
Commodity: durante la sessione di ieri il prezzo del greggio ha toccato i 55$/b, per poi chiudere a 53,57 $/b. Il freddo sulla costa nord orientale degli Stati Uniti, resta comunque il fattore che ha più contribuito al rialzo di ieri. Aumentano le polemiche sull’atteggiamento dell’Opec di fronte a questi rialzi.
La Casa Bianca ha invitato l’Organizzazione a non tagliare la produzione ma ad alzarla o lasciarla ai livelli attuali. Secondo la Casa Bianca prezzi tra 50-60$/b nel lungo periodo possono penalizzere lo stesso cartello. Piuttosto pessimistiche le previsioni dell’Opec, che non ha escluso la possibilità di vedere nei prossimi due anni il prezzo del greggio ad 80$/b.
A cura di A. Cesarano (Responsabile desk Market Research), L. Lorenzoni (Economista Senior), A. Mercuri (Analista), C.Pace (Economista)