Società

MERCATI FINANZIARI: L’ OUTLOOK (03/09/04)

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USA: i dati macro pubblicati negli Usa oggi hanno evidenziato un tasso di produttività del secondo trimestre ai livelli minimi degli ultimi 18 mesi a fronte di una revisione al ribasso del costo del lavoro unitario relativo allo stesso periodo. Il dato, come aveva anticipato Greenspan, si è rivelato nel secondo trimestre un buon indicatore del miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro. In sostanza al miglioramento della domanda i produttori hanno risposto aumentando il numero degli occupati.

L’andamento crescente della produttività in passato ha consentito un ottimo andamento dei margini aziendali. Qualora tale trend si invertisse potrebbero aversi pertanto ripercussioni negative sotto tale punto di vista. Vi sono già primi segnali in tal senso.

Nell’incontro con gli analisti tenuto ieri da Intel, è stato evidenziato come l’atteso recupero della domanda a fronte del quale erano state accumulate scorte, non si è materializzato impattando negativamente sui margini. Intel ha anche ridotto le stime di fatturato ed utili, perdendo circa l’8% nell’after hour. Oggi l’attenzione è interamente focalizzata sul dato relativo ai non farm pay rolls atteso in rialzo di circa 150.000 unità. Gli operatori sembrano essere preparati ad un dato molto negativo: a testimonianza di ciò citiamo il forte calo dei tassi di mercato di inizio settimana. Nelle ultime due giornate però l’umore è leggermente cambiato. In sostanza occorrerebbe un dato davvero molto negativo per avere una continuazione del trend al ribasso dei tassi fino al 4% in termini di decennale. Un dato anche solo prossimo alle stime attuali, potrebbe innescare forti ricoperture, in considerazione anche del ponte lungo per la festività del labor day del prossimo lunedì.

Europa: come nelle attese la riunione della Bce si è conclusa a tassi invariati. Nella conferenza stampa successiva all’incontro Terichet ha ribadito che l’area è ancora ben posizionata per assistere ad un’accelerazione del ciclo economico con la crescita che dovrebbe essere trainata dagli investimenti e da un’attesa ripresa dei consumi.

Sostanzialmente sotto controllo l’inflazione malgrado le recenti spinte giunte dal lato petrolio. Proprio il petrolio secondo Trichet rappresenta uno dei maggiori rischi sia per la crescita che per l’inflazione, anche se il capo della Bce ha precisato che considerando il prezzo del greggio in termini reali il suo prezzo è ancora ampiamente al di sotto di quello che si è realizzato nelle precedenti crisi petrolifere.

In leggero rialzo le stime di crescita ed inflazione per l’anno in corso, ma da quanto emerso ieri niente che possa far pensare ad un cambiamento di atteggiamento prudente in termini di politica monetaria. Preoccupano infatti i segnali di stallo della domanda interna. Ieri in Germania il numero di disoccupati è cresciuto di 24 mila unità registrando il settimo incremento consecutivo e confermando la difficile situazione del mercato del lavoro, variabile che getta qualche ombra sull’atteso recupero dei consumi interni atteso dalla Bce.

Asia-Pacifico: chiusura negativa per il Nikkei guidata in particolare dal calo dei semiconduttori, dopo che Intel ha abbassato le stime di crescita per il terzo trimestre. Sul fronte macro, migliorano le spese delle famiglie nipponiche che a luglio sono cresciute dell’1,1% a/a dal 2,6%, con un miglioramento in tutti i settori ed in particolare quello dell’abbigliamento (+4,3% a/a da –8,6%) ed educazione (+4,6% a/a da –3%). Lo Yen pressoché stabile contro il Dollaro in attesa dei dati sul mercato del lavoro statunitensi di oggi, mentre il rendimento sull’obbligazione governativa decennale di riferimento ha registrato un lievissimo rialzo.

Commodity: continua la corsa del petrolio dopo che la russa Yukos ha dichiarato che potrebbe bloccare la sua produzione dopo il congelamento dei conti correnti di tre sue sussidiarie. Le vicende della Yukos sono seguite con molta attenzione dal mercato, considerato che la Russia nell’ultimo mese ha registrato la produzione più elevata dal periodo post-Soviet. I dati riportati dal ministero dell’Energia mostrano infatti come la produzione di greggio russo dal 1999 ad oggi è cresciuta del 50%. Ad infiammare i prezzi petroliferi è stata anche la notizia di un attacco ad un oleodotto nel nord Iraq.

A cura di A. Cesarano (Responsabile desk Market Research), L. Lorenzoni (Economista), C.Pace (Research Assistant)