Andrew Timothy Robinson opera nei mercati finanziari da quasi 30 anni, ha occupato posizioni di rilievo a Londra, in Europa e a Singapore. È in Asia da più di 15 anni dove lavora come Foreign Exchange analyst per Saxo Capital Markets. Wall Street Italia lo ha intervistato.
1) In un recente sondaggio di Bloomberg, il 45% degli investitori internazionali intervistati si è detto convinto che, entro 5 anni, la Cina soffrirà di una crisi finanziaria o politica. Qual è il vostro punto di vista sulla situazione di Pechino?
Crediamo che il rischio maggiore in cui la Cina possa incorrere nei prossimi anni è un’eccessiva restrizione monetaria, viste le varie misure intraprese per “raffreddare” l’economia e contenere l’aumento dei prezzi. L’inflazione infatti, è spinta per gran parte dalla crescita dei prezzi dei prodotti alimentari, pertanto dubitiamo che gli aumenti dei tassi di interesse abbiano l’effetto desiderato.
L’apprezzamento dello yuan potrebbe essere uno strumento molto efficace a disposizione, visto che consentirebbe di ridurre la pressione inflazionistica derivante dalle importazioni, ma purtroppo il governo sembra essere più preoccupato sugli effetti negativi che tale mossa avrebbe sulle esportazioni.
Se Pechino spingerà troppo sul freno, allora ci sarà il rischio di una riduzione eccessiva della crescita, di una maggiore disoccupazione e quindi di un maggiore malcontento. Sotto questo scenario, l’intenzione di aumentare la domanda e la spesa interna per diminuire la dipendenza dall’estero dovrà essere rimandata.
2) Quale crede che siano le migliori opportunità di investimento nell’area Asia-Pacifico per un investitore e un gestore di fondi in Europa e in Italia?
Anche se queste economie hanno fatto meglio di Europa e Stati Uniti in questi primi 2 mesi del 2011, gli andamenti azionari sono stati contrastanti, alcuni positivi e altri negati. Attualmente si intravedono dei segnali di ripresa dagli Stati Uniti e questo sta guidando il flusso di capitali fuori dall’Asia verso mercati più maturi.
Tuttavia, crediamo che questo sia solo un movimento temporaneo e che i segnali di ripresa degli USA non dureranno per tutto il 2011. L’Asia è in una condizione nettamente migliore e i fondamentali dovrebbero riportare il flusso di capitali nella regione già dalla seconda metà dell’anno. Se il dollaro dovesse continuare a deprezzarsi, gli investimenti beneficeranno anche dalle valute asiatiche più forti.
3) In termini di portafoglio nei principali mercati asiatici, qual è il suo outlook su azioni, bond, inflazione, tassi di interesse, valute e settore immobiliare?
Azioni: le azioni dovrebbero offrire rendimenti superiori al 10% nel 2011, con la possibilità di raggiungere anche il 20%, visto che la ripresa economica nei paesi occidentali sta trainando le esportazioni e quindi le economie di questi paesi. Cina è ad ora la migliore, l’India la peggiore.
Bond: tutte o quasi tutte le banche centrali nella regione hanno adottato politiche monetarie restrittive per combattere l’inflazione e pertanto i rendimenti dovrebbero essere minimi. Consigliamo di evitare i bond.
Inflazione: al momento quasi tutti i paesi della regione soffrono di un’inflazione eccessiva, ma la maggior parte dei governi e delle banche centrali, crede che questo fenomeno si ridurrà già nella seconda metà del 2011, con un calo della crescita negli alimentari. Tuttavia, l’effetto positivo potrebbe essere compensato dai recenti disordini in Medio Oriente e dalla possibilità di un calo della produzione, che stanno portando il prezzo del greggio in continuo rialzo.
Tassi di interesse: La crescita dei prezzi è talmente preoccupante, che alcune banche centrali asiatiche si troveranno obbligate a rialzare i tassi di interesse tra i 75 e 150 punti, in particolar modo nei paesi più colpiti dal caro petrolio (Cina, Corea del Sud, Malesia, Singapore e Vietnam).
Immobiliare: la maggior parte dei governi asiatici hanno mostrato l’intenzione di voler intervenire per contrastare possibili bolle nel settore. Pertanto crediamo che questo sarà un anno piatto o con leggeri ribassi.
4) Se un investitore europeo con sede in Europa volesse investire in asset denominati in renminbi, quale metodo consiglierebbe?
Visto che il mercato cinese è relativamente chiuso, chi volesse investire in asset denominati in renminbi potrebbe affidarsi a una serie di mercati “ponte”, tra cui:
a) Il mercato di Hong Kong (vista la sua connessione con la Cina).
b) Le aziende cinesi quotate a Singapore (attualmente oltre 100).
c) Il mercato di Hong Kong presto quoterà azioni denominate in yuan.
d) Da un punto di vista valutario, il dollaro di Singapore è visto come il più simile al renminbi.