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MEGLIO UNO SCROLLONE DA CHOC O UNA CRISI STENTATA, LUNGA E NOIOSA?

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(WSI) – Il mondo si sta fermando? Per fortuna non ancora, e forse non succederà. Quello che è sicuro è che sta rallentando, e anche di parecchio. Secondo molti economisti (da quelli di Morgan Stanley a quelli di Global Insight, passando per quelli di Goldman Sachs) non dovremmo nemmeno arrivare a vedere dei numeri negativi nelle cifre che, anno dopo anno, misurano la crescita dei vari paesi. Ma gli economisti si sono già sbagliati molte volte e quindi possono sbagliare anche questa volta.

L´aria che si respira nel mondo degli affari è infatti molto diversa e, anche senza arrivare a sparare delle cifre, circola una specie di mantra: questa crisi non sarà pesantissima, ma sarà molto lunga. Il che significa che non dovremmo vedere arretramenti spaventosi, ma che dovremo viaggiare con crescite molto stentate (vicine allo zero) per parecchio tempo.

Il ragionamento che sta alla base del mantra che abbiamo appena indicato è piuttosto semplice. Questa, si dice, non è una crisi da choc (tipo rialzo brusco del prezzo del petrolio). Non è cioè una crisi dove, superato lo choc, poi tutto riprende abbastanza normalmente. Questa una crisi, come si usa dire, di tipo sistemico.

Il maledetto “affaire” dei prestiti subprime e dei derivati di varia natura ha terremotato tutto il sistema del credito. È un po´ come se una serie di esplosioni avesse fatto saltare l´intero sistema idraulico di un grattacielo. È evidente che prima di poter tornare a abitare normalmente in quell´edificio bisogna revisionare tutto l´impianto: scavare sotto i pavimenti, riparare tubature rotte, mettere raccordi nuovi, ecc. Al sistema del credito è successo esattamente questo: è saltato tutto. E il sistema del credito (ormai interamente integrato a livello mondiale) è essenziale per il buon funzionamento del resto dell´economia. Ma oggi questo sistema è bloccato, avariato.


Qualcuno, con una bella immagine, ha detto che il sistema del credito, dopo i corposi interventi dei vari governi e delle banche centrali, non è più in grado di fare del male a se stesso (perché sono arrivati i pompieri con le scorte di acqua e i medicinali), ma non è nemmeno in grado di aiutare le aziende dell´economia reale che si trovano nei guai. E gli interventi sul mondo del credito sono stati pesanti.


Il governo svizzero, ad esempio, ha rilevato da Ubs attività (titoli, obbligazioni, ecc.) pari a 60 miliardi di dollari per un dollaro. E l´Ubs è stata ben felice di fare questa transazione “suicida” perché quei 60 miliardi di roba erano marci per una quota molto rilevante, erano cioè fonte di perdite devastanti che adesso sono sulle spalle del governo svizzero. Ma è evidente che l´Ubs, che tutto sommato sta meglio di altre banche adesso, avrà in futuro i movimenti un po´ rallentati.

Il sistema del credito, insomma, è come un malato al cui capezzale sono arrivati i necessari soccorsi, e che quindi è fuori pericolo, ma che certo non è in condizioni di dare una mano agli altri che soffrono nella stessa corsia.


E quello che succede nell´economia reale è ben descritto in questo brano (che riporto integralmente dal report di una banca italiana) sui risultati di un´indagine della Federal Reserve di Philadelphia: «L´indagine della Philadelphia Fed sottolinea gli effetti negativi del blocco del credito: circa il 14 per cento delle imprese riporta difficoltà nell´ottenere credito per finanziare l´attività corrente nell´ultimo mese e circa il 30 per cento riporta problemi analoghi fronteggiati dai loro clienti. Circa il 18 per cento delle imprese indica che la restrizione del credito ha avuto un impatto sul proprio livello di produzione e il 15 per cento delle imprese ha rivisto significativamente verso il basso la spesa in conto capitale programmata per i prossimi sei mesi. L´indagine conferma che in assenza di un miglioramento delle condizioni e della disponibilità del credito la recessione potrebbe essere molto più profonda e duratura di quanto visto negli ultimi due cicli».

A conclusioni analoghe (o addirittura peggiori) arriverebbe qualunque indagine del genere che venisse fatta in Italia o in Europa. Il denaro, questa è la conclusione, c´è, ma non circola. E l´economia reale, quella delle fabbriche e degli uffici, si trova nei guai. Ma non è finita qui. Il problema vero consiste nel fatto che non si tratta, a questo punto, di rimettere semplicemente in sesto i vecchi circuiti finanziari. Quelli sono saltati perché avevano dentro una sorta di errore genetico: forse troppa libertà e troppa avidità. E quindi bisogna provvedere a una revisione completa del processo di erogazione del credito.

Ma su questo punto, la revisione del sistema del credito, non abbiamo nemmeno cominciato a pensare, probabilmente perché nessuno sa ancora da che parte andare. Una cosa, comunque, è certa. Nei prossimi anni ci sarà meno credito (per le imprese e per la gente) e costerà di più. Meno soldi, ma più cari. In queste condizioni la frenata dell´economia, o comunque la si voglia chiamare, è destinata a essere lunga, molto lunga.

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