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MEDIATEL, MATRIMONIO POST ELETTORALE

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Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Il matrimonio non s’ha
da fare. «Silvio pronto a fondere
Mediaset con Telecom. Un piano
da attuare in caso di sconfitta elettorale
del Cavaliere», ha titolato ieri
Libero in un pezzo di prima pagina.
Secondo il quotidiano di Feltri, il
progetto sarebbe in gestazione dallo
scorso autunno: l’accordo
battistrada sarebbe
scoccato «l’anno
scorso quando Mediaset
ha firmato per Tim
una partnership di cessione
di contenuti».

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La
notizia non è nuova,
ogni tanto risalta fuori,
qualcuno in borsa ci
specula,ma questa volta,a due giorni
dal voto,merita un’analisi più approfondita.
Ieri Mediaset ha smentito
categoricamente «progetti che
prevedono ipotesi di fusione con
Telecom». Mentre il pensiero di
Tronchetti lo si conosce già da tempo:
«Una fusione con Mediaset non
ha alcun senso dal punto di vista industriale
», ripete spesso. Ma il discorso
è molto più intricato: «una
fusione del genere cambierebbe i
rapporti di potere nella futura società
integrata mettendo in discussione
la leadership di Tronchetti,
che non sembra disposto a passare
la mano», nota una
fonte. «Avrebbe dunque
un connotato aggressivo
».

Mediaset, invece,
che teme la concorrenza
delle telecomunicazioni,
potrebbe essere
tentata. «Ricordiamoci
che già nel 2001 – ragiona
Paolo Madron, vice direttore di
Panorama – quando Livolsi era ad
di Fininvest, Mediaset comprò una
piccola quota di azioni Olivetti. Ci
fu certamente una componente di
trading in quell’operazione, ma fu
anche l’avvio di un possibile merger
tra i due gruppi, che Fininvest in
quei mesi stava studiando. Poi non
se ne fece nulla perché il conflitto di
interessi sarebbe esploso. Però nel
caso Berlusconi perdesse, quel progetto
potrebbe in qualche modo essere
ri-analizzabile: sulla carta potrebbe
essere un’aggregazione formidabile
».Tuttavia gli economisti e
gli esperti interpellati dal Riformista
vedono solo scogli al merger,e non
solo in termini di composizione
azionaria, debito e catena di controllo.

«Avrebbe infatti una sua logica
industriale solo in teoria»,spiega
Carlo Scarpa,economista de Lavoce.
info:«Telecom ha una grande capacità
sulla rete e Mediaset è molto
forte sui contenuti,insomma la convergenza
ci starebbe.Ma questo vale
solo in linea teorica:nella pratica,
vista la posizione dominante del
gruppo di Tronchetti e il duopolio in
cui opera l’azienda di Cologno,
l’Antitrust non darebbero mai luce
verde.E’ una via impraticabile».

Per il professor Alessandro
Penati, economista della Cattolica,
il merger invece non
terrebbe nemmeno dal punto
di vista industriale. «I produttori
di contenuti – spiega – di
solito non hanno grande interesse
a gestire le reti. Dal punto
di vista strategico insomma
non ci vedo grandi vantaggi in
un’aggregazione verticale.
Piuttosto noto che chi oggi fa i
soldi, sono i grandi produttori
di contenuti, le major americane.
Mediaset dovrebbe seguire
l’esempio: andare a creare tv
all’estero.Telecinco è stato un
grandissimo successo. Faccia
lo stesso in Ungheria, Russia,
Polonia». Ancor più scettico,
se possibile, è Giuseppe Turani.

Per l’editorialista di Repubblica
l’ipotesi del grande matrimonio
è «una colossale stupidata.
Se il Cavaliere perde le
elezioni perché dovrebbe infilarsi
in un settore che dipende
tutto dai regolamenti pubblici?
Già sarà un problema con
Mediaset, perché basterà modificare
un articolo della Gasparri
per rivoluzionare il quadro,
a maggior ragione se si
fondesse con Tronchetti. Vorrebbe
dire mettere i suoi affari
nelle mani del futuro governo,
non so se mi spiego.E poi –
continua – ci sarebbero diecimila
Autority che si opporrebbero:
nascerebbe un tale papocchio
con dentro cinque reti
televisive più tutta la convergenza
tv-digitale-telefonia.Ma
come si fa?». Insomma a meno
di non mettere in mora lo
Stato di diritto, o abolire le
Autority, per Turani la fusione
è «chiaramente irrealistica».

O meglio. «Se ci fosse, in
questo paese scoppierebbe la
rivoluzione», se la ride Osvaldo
de Paolini, direttore di Finanza&
Mercati. Che precisa:
«Sotto il profilo tecnico l’operazione
è inconciliabile. L’attuale
vertice di Telecom mi
sembra stia valutando altre
ipotesi di alleanze in Europa,
dunque non credo che con
Mediaset ci siano possibilità di
incroci. Mentre dal punto di
vista politico, come ho detto,
sarebbe insostenibile. La gente
andrebbe in piazza se si arrivasse
a un accordo del genere
».

La presenza di un azionista
determinante così attivo in
politica allargherebbe i conflitti
d’interesse. Non a caso, in
borsa, ieri «non c’è stato alcun
rally sui titoli, anzi», notano alcuni
analisti. «Dal punto di vista
di mercato il consensus su
un’ipotesi del genere è praticamente
inesistente. Quel che
accadrà, sarà probabilmente
una maggiore sinergia nel
campo multimediale. Punto».
Ma questa, davvero, è tutta
un’altra storia.

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