(WSI) – Vi ricordate il sistema televisivo italiano? Quello del duopolio Rai-Mediaset e con centro di gravità Berlusconi? Dimenticatelo, il terremoto digitale, forse ben oltre le aspettative degli stessi estensori della legge o degli appassionati di tecnologia, sta creando la competizione hobbesiana: tutti contro tutti.
Un terremoto in grado di sgretolare gli equilibri più consolidati, come la finta competizione Rai-Mediaset; le alleanze fino a poco tempo fa solidissime, come tra Marco Tronchetti Provera e Rupert Murdoch in Sky Italia; e persino la pace familiare del nostro premier.
Iniziamo da Mediaset: il triumvirato Fedele Confalonieri, Giuliano Adreani e Pier Silvio Berlusconi se da un lato festeggia il buon andamento della raccolta pubblicitaria e la migliorata redditività, dall’altro deve fare i conti con gli ascolti in discesa, specie nelle fasce orarie più redditizie.
Si cedono punti di share al concorrente classico, la Rai, dove il direttore generale Flavio Cattaneo, si mostra poco attento al tradizionale equilibrio del duopolio e molto alla dimostrazione delle sue capacità. Ma si perde anche sull’operatore satellitare Sky, che ormai viaggia verso il 5% di ascolto quotidiano e si prepara a chiudere l’anno con tre milioni di abbonati, concentrati nelle fasce a reddito più alto.
Le battute d’arresto subite da Mediaset fanno emergere critiche nei confronti di Pier Silvio e della sua gestione di reti, palinsesti, programmi e persone. Ma a Berlusconi junior viene attribuita la scelta di accelerare sul digitale terrestre comprando i diritti fino al 2007 di 8 squadre di serie A, tra cui Juve, Inter, Milan e Roma, e opzionare per queste quattro anche i diritti dal 2008 in poi.
Costo totale: 118 milioni di euro che inizieranno ad essere ripagati forse già dal girone di ritorno di questo campionato, quando i possessori di decoder Dtt (acquistato grazie alla sovvenzione statale) potranno, attraverso apposite smart card, pagare per vedere le partite del campionato di Serie A.
Una mossa che non è piaciuta all’amico Rupert Murdoch che fondendo Telepiù e Stream pensava di essere diventato il monopolista della pay tv in Italia – e così era stato trattato dalla Commissione europea che gli ha imposto condizioni dure sull’acquisto dei diritti televisivi del calcio. Invece ora si trova non uno, ma due concorrenti, senza gli stessi vincoli.
Infatti, oltre a Mediaset, anche Telecom Italia prima ha acquistato i diritti di 14 squadre di serie A per trasmetterle ai suoi abbonati alla banda larga e poi è uscita da Sky vendendo il 19% in suo possesso. Una scelta strategica da parte di chi ha la possibilità di trasmettere gli stessi contenuti “premium” sia sul dtt (con le frequenze di La 7 e Mtv) sia via Internet e non ha più bisogno di essere presente sul satellitare.
Al grido «E’ la convergenza bellezza!», si sta assistendo alla nascita di un nuovo mercato che ne fonde due o tre prima separati. C’è una vera e propria corsa ad occupare posizioni senza sapere quali saranno le strategie con più successo e se c’è effettivamente posto per tutti.
Mediaset è sicuramente meglio posizionata sul mercato, ma è anche la meno dotata finanziariamente rispetto alle forze (potenziali, per ora) d’investimento di una Telecom o peggio della News Corp. di Murdoch. Le indiscrezioni dicono che il dramma a questo punto assume contorni tutti domestici.
Ad Arcore, i primogeniti, Marina e Pier Silvio sono convinti di potercela fare e vogliono ripercorrere le gesta imprenditoriali del padre, molto più dubbiosa la seconda famiglia di Berlusconi guidata da Veronica Lario che premerebbe per un disimpegno, se non un’uscita definitiva.
Una tensione che crea immediati effetti in azienda, con Fedele Confalonieri, costretto a riconfermare (altro che progetti da sindaco di Milano!) il suo ruolo di garante e tutor di Marina e Pier Silvio e con le ipotesi, per ora solo congetture, di possibili accordi che si sovrappongono. La vecchia idea di vendere a Murdoch ritorna, ma segnerebbe verosimilmente l’uscita definitiva della famiglia dal business della televisione.
Con Tronchetti, invece, c’è una trattativa da pensare e da costruire da zero, ma con i due su una posizione più equilibrata: naturalmente, per le variabili politiche di cui bisognebbe tener conto, a favore di Berlusconi, ma anche sulla base di valutazioni finanziare, visto che la capitalizzazione di borsa di Mediaset, intorno ai 10 miliardi di euro, è decisamente favorevole rispetto a quella di Telecom (27 miliardi), se si mettono a confronto fatturati e dimensioni delle due aziende. Una fusione a questi livelli farebbe di certo felici gli azionisti Mediaset. Fantascienza? Lo era anche vedere le partite via telefono.
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