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MAULDIN: «SOLO CASH E BOND». LE BORSE SOFFRIRANNO ANCORA

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(WSI) – È decisamente pessimista John Mauldin, gestore Usa, molto apprezzato nell’analisi di «fondi di fondi» hedge. Già nell’ottobre 2007, con le Borse ai massimi di periodo, aveva messo in guardia dall’investire sull’equity. Poi, a luglio 2008, era stato ancora più deciso: state alla larga da Wall Street. E adesso non ha cambiato idea: «Non trovo alcun appeal nell’investimento in titoli azionari – dichiara – Siamo in un secular bear market, di quelli che possono durare un bel po’ di anni, e temo che ci rimarremo a lungo. La crisi è tutt’altro che al termine e non si vedono motivi per tornare ottimisti».

Mr. Mauldin, cosa la rende così pessimista?

Il fatto che non si vedano ancora vie d’uscita. Dal 2000 al 2006 il Pil Usa è cresciuto solo grazie al mortgage equity withdrawal dell’americano medio (ottenere prestiti monetari dando in garanzia la propria abitazione, ndr), in questo modo la bolla immobiliare ha permesso di mantenere elevati i consumi. Al netto di questa componente il risultato sarebbe stato un misero +1% annuo. E ora che la casa non funziona più come carta di credito i nodi vengono al pettine.

E a proposito di Wall Street…

Guardando ai multipli sembra che l’equity sia decisamente economico. Il p/e dell’S&P 500 era intorno alle 14-15 volte, poi negli ultimi 12 mesi le attese sui profitti futuri dell’indice sono crollate. Soltanto a febbraio scorso gli analisti si attendevano 71,2 dollari di Eps 2008, mentre il mese scorso le stime sono scese a 54,8 dollari. Una sforbiciata del 23% in sei mesi non è certo un bel segnale. Ma anche per il 2009 non ci si aspetta nulla di buono. In questo caso l’Eps stimato è stato tagliato da 81,5 a 48,5 dollari, vale a dire il 40% in meno. A questi prezzi l’S&P 500 tratta ora a oltre 18 volte gli utili: un multiplo non proprio economico, che potrebbe salire ancora.

Non c’è qualche settore che rimane interessante?

Probabilmente sì, penso per esempio all’healthcare. Ma intendiamoci: parlando di outperformance io intendo che potrebbe fare meno peggio dell’indice. Sinceramente il rapporto fra rendimento e rischio mi pare troppo sbilanciato e poco attraente.

E il petrolio o le altre commodity?

Nel breve non sono allettanti: i prezzi sembrano bassi, è vero, ma le prospettive per l’industria sono negative. Con la recessione alle porte non c’è da stare allegri. Magari a 50 dollari un po’ di petrolio ricomincerei ad acquistarlo, vedremo. Solo se dilatiamo l’orizzonte temporale a una decina d’anni potrei diventare compratore di commodity.

Quindi?

Capisco che sia poco sexy, ma ora il primo obiettivo è quello di portare a casa la pelle, vale a dire difendere il capitale. E in questo momento non lo si fa andando all’avventura sull’azionario. Certo, le occasioni si possono sempre trovare, ma si tratta di operazioni di poche ore o al limite di pochi giorni. Ma allora parliamo di trading, non certo di investimenti.

Che fare allora?

Cash e bond. Titoli corporate e governativi con alto rating. Una possibile fase di deflazione spingerebbe all’ingiù i tassi, con benefici sulle obbligazioni. Oppure – ma qui sono in conflitto di interessi – un’alternativa è data dagli hedge fund. Anche in un anno difficile come l’attuale a mio avviso hanno dimostrato di essere in grado di reggere le forti fluttuazioni dei mercati.

A proposito di hedge fund, lei è in una posizione privilegiata per un giudizio sul settore. Come vede lo scenario? Quanti falliranno?

Gli hedge fund che hanno chiuso sono tanti, sia negli Usa sia in Europa. Tuttavia non tutti sono falliti. Molti hanno semplicemente chiuso perché i gestori hanno deciso che non valeva la pena continuare, per una serie di motivi.

Ad esempio?

Patrimoni ridotti per le perdite, impossibilità di recuperare il capitale in tempi decenti, mancanza di leva finanziaria dovuta ai rientri imposti dalle banche. Del resto qualche anno fa bastava che un paio di gestori con un background anche minimo lanciasse il proprio fondo hedge perché si trovasse alla porta la fila delle banche pronte a prestargli soldi. Detto questo la fase di turbolenza è positiva per l’industria hedge: sarà inevitabile il consolidamento e l’intero settore uscirà rafforzato. A differenza dei fondi comuni gli hedge che rimarranno in vita saranno solo quelli migliori. E a quel punto potranno contare su una base di clientela più estesa e allargata.

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