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(WSI) – No, questa volta l’idea non è rimasta nascosta tra le pagine di uno dei tanti libri o «working paper» pubblicati dalle università e dalle scuole di economia. Contrariamente a quello che succede a molti colleghi, il suggerimento di Robert Shiller, il professore di economia all’università di Yale che predisse il crollo del 2000, ha fatto strada. E sta per sbarcare alla Borsa di Chicago, la più grande del mondo per gli scambi di future e opzioni. A diversi anni dalla proposta «shilleriana» di particolari contratti a termine per coprire il rischio di bolle immobiliari, scoppi improvvisi ed «esuberanze irrazionali», il Chicago Mercantile Exchange è pronto ad aprire le porte agli scambi dei future sul metro quadro residenziale.
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L’inizio delle negoziazioni è previsto per la fine di maggio. Con questi contratti gli investitori potranno scommettere sull’aumento o sul calo dei prezzi, individuato da dieci indici di altrettante città degli Stati Uniti.
Un esempio? Chi ha una casa a New York, Boston, San Diego o Miami, e teme il crollo delle quotazioni nei prossimi anni, contrattando i future avrà diritto ad incassare un importo proporzionale al calo dell’indice metropolitano di riferimento, se i prezzi scendono, e l’obbligo di pagare altrettanto se i valori invece salgono. In questo modo la svalutazione dell’immobile viene compensata dall’incasso del future. Certo, se i prezzi invece lievitano il contraente ci rimetterà con l’esborso, che sarà però compensato dalla rivalutazione del mattone di proprietà. Per azzerare completamente il rischio bisognerà «incrociare» perfettamente il valore degli immobili in portafoglio con il numero di contratti scambiati.
Funzionerà? Gli esperti del mattone a stelle e strisce invitano ad aspettare che il mercato raggiunga sufficienti volumi e livelli di liquidità. Altrimenti si corre il rischio di non trovare un acquirente se si vogliono vendere i future in portafoglio (o le opzioni, anch’esse al nastro di partenza).
Per ora il nuovo «prodotto» del Cme punta solo sui grandi numeri del mercato residenziale Usa, un’industria da 21.600 miliardi di dollari: sono 17.400 miliardi di euro, contro uno stock immobiliare delle famiglie italiane che vale 4.400 miliardi.
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