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Manovra: scusate, ma la proposta di dimezzare i parlamentari?

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Nessuno a questo punto può offendersi se cominciamo a chiamarlo governo Penelope. Come la sposa di Ulisse anche l’esecutivo di centrodestra presieduto da Silvio Berlusconi ha cucito, disfatto e ricucito la tela della manovra.

Siamo arrivati al quarto restyling e a questo punto c’è solo da pregare che ci risparmino il quinto. E che approvino velocemente il provvedimento per tamponare la crisi di credibilità in cui siamo caduti. Già le nostre banche stanno pagando a caro prezzo l’allargamento dello spread e anche un solo punto in più di tasso di interesse del debito ci costa a regime l’1,2 del Pil.

È evidente, poi, che operando con continui rammendi le coerenze alla fine risultano impossibili e il governo messo di fronte al riproporsi dell’emergenza, e incalzato dal Quirinale, ha finito per fare la scelta più scontata: aumentare le tasse dirette e indirette. Il tutto condito da un incredibile balletto delle cifre che è continuato anche nel weekend di Cernobbio.

Così ieri, nell’ennesima convulsa giornata in cui l’onore nazionale è rimasto appeso all’altalena del differenziale Btp-Bund, abbiamo dovuto subire persino lo sberleffo del portavoce del governo spagnolo, il signor José Blanco, che ha ironizzato sullo stop and go del nostro piano di aggiustamento e ci ha accomunati alla Grecia come affossatori dei mercati finanziari.

Sia chiaro: gli iberici stanno molto peggio di noi in quanto a tenuta dell’economia reale ma politicamente hanno fatto le mosse giuste. Hanno confezionato una manovra coerente e l’hanno approvata con voto bipartisan. Noi, da masochisti, abbiamo operato al contrario.

Prendiamo le pensioni. Un esecutivo coraggioso avrebbe completato la riforma e avrebbe colto l’occasione per delineare una prima tranche di scambio generazionale, il governo di Roma invece prima ha ceduto ai veti di un singolo partito, poi ha rivolto i tagli verso un settore di pensionati salvo cambiare successivamente direzione e rivolgersi altrove.

Anche in materia di liberalizzazioni ci si è rimangiati qualcosa. La deregulation delle aperture del commercio era una delle poche misure rivolte a stimolare la crescita, ebbene nottetempo la maggioranza ha messo in atto un blitz amputando il provvedimento e circoscrivendolo alle sole città d’arte o turistiche.

Stessa (perversa) logica è stata applicata alla liberalizzazione delle farmacie, con un emendamento il centrodestra ha reintrodotto il numero chiuso per evitare che prevalesse – testuale – «la logica della convenienza economica»!

Confidiamo, dunque, che la manovra venga approvata già oggi e che il Consiglio dei ministri domani, quando varerà il disegno di legge costituzionale di abolizione delle Province, operi con onestà intellettuale. L’iter è già di per sé lungo, tocca al governo scrivere un testo rigoroso e delineare un percorso accelerato. Un dubbio, però, resta: che fine ha fatto il dimezzamento dei parlamentari?
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