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Manovra: la Lega vota in blocco sperandoci, ma il federalismo e’ morto oppure no?

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(WSI) – Matteo Salvini, direttore di Radio Padania e leader emergente della Lega, non ha dubbi: “Il Pdl? È una strana bestia. Adesso Roberto Formigoni se la prende con la manovra economica, dice che taglia i soldi alle Regioni e dunque impedisce il federalismo. Non è vero, e lui lo sa. La polemica di Formigoni non è contro la Lega, ma tutta dentro il Pdl. Non so quali siano i suoi obiettivi: per quanto mi sforzi, non riesco proprio a capirli”. Eppure lui, il “Celeste”, presidente della Lombardia per la quarta volta, le aveva cantate chiare: “La manovra varata dal governo mette il federalismo a rischio.

Le Regioni dovranno sopportare il 45 per cento del carico dei tagli, 10 miliardi in due anni su un totale di 24”. E ancora: “Occorre ripartire i tagli diversamente”. Come a dire: cari amici della Lega, caro Giulio Tremonti, caro Silvio Berlusconi, pensateci bene. Questa vostra manovra ci indebolisce, lascia i “governatori” – e noi del centrodestra più degli altri – esposti a ogni critica e al rischio di una grave perdita di consenso: saremo noi, in queste condizioni, a dover tagliare i servizi ai cittadini.

GUERRA CIVILE. “È una polemica interna al Pdl, quella di Formigoni”, ribadisce Salvini. “Per una ragione semplice: il federalismo non costa una lira in più. Sposta solo le risorse da Roma ai territori. Dunque non ha senso urlare che il federalismo è a rischio. Il federalismo si farà: anzi, i momenti di crisi sono quelli in cui si può prendere più forza e fare le riforme più coraggiose”. Il quotidiano della Lega, la Padania, lo ribadisce da giorni e ieri, sabato, lo ha scritto esplicitamente nel suo titolo d’apertura, in prima pagina: “Il federalismo accelera. Anche la gente lo vuole”. E subito sotto: “Calderoli: a giugno i decreti su costi standard in sanità e autonomia impositiva”. Bisogna correre, dicono in coro i ministri padani: “Non sono d’accordo con Formigoni.

La manovra è una sfida, uno stimolo per accelerare”, dichiara il ministro dell’Interno Roberto Maroni. E Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione, preme l’acceleratore sui decreti attuativi: “Bisogna portare a giugno, oltre al decreto legislativo sull’autonomia impositiva degli enti locali, anche quello sui costi e i fabbisogni standard”. Lo scontro, evidentemente, è tra chi ritiene che il federalismo abbia un costo e che dunque sia irrealizzabile ora la manovra fa stringere la cinghia proprio e soprattutto alle Regioni – e chi invece è convinto che si trasferisce quel che c’è, e se è meno non importa: si trasferirà alle Regioni quel poco che c’è.

Tanto, le Regioni che interessano alla Lega sono comunque le più ricche d’Italia: Lombardia, Veneto, Piemonte…A soffrire davvero saranno quelle più povere. Intanto i leghisti difendono le Province, mentre i deputati finiani del Pdl propongono, dalle pagine del Secolo d’Italia e con portabandiera il deputato Santo Versace, la loro abolizione totale. Il testo della manovra, finalmente disponibile dopo tre giorni di sintesi, annunci e chiacchiere senza una formulazione precisa, ribadisce che saranno abolite le province sotto i 220 mila abitanti.

TREMONTI. La domanda da fare, a questo punto, è: da che parte sta Tremonti? Dal punto di vista politico, certamente dalla parte della Lega. Ma dal punto di vista dei conti, è davvero convinto come i suoi amici e sostenitori del Carroccio che il federalismo si possa fare a costo zero? O non ha invece innescato la manovra, con i suoi pesanti tagli alle Regioni, anche con l’obiettivo di togliersi dall’impiccio di dover spiegare a Umberto Bossi che il federalismo è cosa complessa, in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo? Cattivi pensieri, visto l’asse Tremonti-Lega, fortissimo anche in questi giorni, in cui Berlusconi avrebbe fatto volentieri a meno di dover mettere la propria faccia su una manovra che sancisce la fine del suo ottimismo a ogni costo. Intanto arrivano critiche anche dai vescovi italiani: “Il federalismo, senza essere ancorato a una crescita solidale, manca il suo obiettivo”, ha dichiarato il presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco.

Quanto a Formigoni, il rapporto con la Lega è tradizionalmente buono, ma non inossidabile. Il presidente ha fatto giurare i suoi assessori con rito padano (“Giuro di essere fedele alla Lombardia nel rispetto della Costituzione italiana e nell’osservanza leale dello Statuto d’autonomia”). Eppure la Lega ci tiene a differenziarsi. Sta con il governatore padano fintantoché questi accontenta le richieste del Carroccio, in un mutuo sostegno non privo di sospetti reciproci. Dice Salvini: “La nostra alleanza con Formigoni è solida. Ma siamo disposti a rompere con chiunque si opponga alla realizzazione del federalismo”. Cose che si dicono? Comunque Formigoni è avvisato.

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