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Mafia: “Il ministro Romano legatissimo alle cosche”

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Dal nuovo pentito Stefano Lo Verso, ex vivandiere di Bernardo Provenzano, nuove accuse per il ministro per le Politiche agricole Saverio Romano (del Pid-Responsabili). Nell’appello della Procura di Palermo contro il proscioglimento di Totò Cuffaro dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa i pm hanno allegato i verbali del nuovo pentito pronto a chiamare in causa anche il ministro Romano. Entrambi gli uomini politici avrebbero avuto infatti, secondo il collaboratore, “rapporti illeciti” con la cosca mafiosa di Villabate, guidata da Nicola e Nino Mandalà.

Intanto, mercoledì, la Procura chiederà al gip Piergiorgio Morosini di trasmettere alla Camera alcune intercettazioni che riguardano Saverio Romano, captate nell’ambito dell’altra inchiesta che vede indagato il ministro, per corruzione.

Secondo l’ultimo pentito di Cosa nostra, Cuffaro e Romano sarebbero stati “legatissimi” ai boss. Il processo per mafia riguardante l’ex senatore del Pid e ex presidente della Sicilia Cuffaro, che da gennaio sta scontando la condanna a sette anni, rimediata nel procedimento denominato “Talpe in Procura”, era stato ritenuto dal gup Vittorio Anania una sorta di doppione della vicenda principale: da qui la decisione di non procedere per “ne bis in idem”, per l’esistenza cioè di un precedente giudicato sugli stessi fatti.

Nel ricorso, i pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene contestano questa impostazione, sostenendo che il giudice – che aveva deciso col rito abbreviato – abbia “atomizzato” i singoli elementi di accusa, scindendoli gli uni dagli altri e non leggendoli in un unico contesto. Per dimostrarlo allegano dichiarazioni del collaboratore di giustizia di Ficarazzi (Palermo), che parlano di un Cuffaro che, dopo l’arresto dell’ingegnere Michele Aiello (manager della sanità privata, considerato il regista della rete di talpe in procura), avrebbe dovuto fare da garante e “mantenere gli accordi” con Provenzano.

A dire queste cose all’attuale pentito sarebbe stato lo stesso ex superlatitante di Corleone. Lo Verso, che in alcuni casi parla de relato, sostiene che un altro mafioso di Villabate, Vincenzo Paparopoli, avrebbe detto che le accuse dell’altro pentito Francesco Campanella rispondevano tutte a verità.

Tra le altre cose, Campanella aveva detto che la candidatura di Giuseppe Acanto nella lista del Biancofiore (satellite dell’allora Cdu, poi divenuto Udc) era sponsorizzata dalla mafia di Villabate ed era stata consentita da Saverio Romano, oggetto di una richiesta di rinvio a giudizio per mafia, dopo il mancato accoglimento dell’archiviazione proposta dai pm palermitani.

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