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MA QUANTE BANCHE HA D’ALEMA?

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(WSI) – Massimo D’Alema non possiede banche, fa politica onorevolmente da parecchi anni, e quello è un altro mestiere. Però, a voler essere marxisti, la struttura conta. E sui rapporti del più influente leader postcomunista con la struttura economica e finanziaria, cioè con il quattrino organizzato e il potere che ne deriva, si fanno da parecchio tempo un sacco di pettegolezzi, da quelli rozzi di un Marco Travaglio a quelli raffinati di un Guido Rossi.

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Sta di fatto che con la scaltra offensiva per l’acquisto della Banca nazionale del lavoro sferrata da Giuseppe Consorte, il capo di Unipol, ramo assicurazioni delle cooperative democratiche e popolari, si configura una situazione quasi surreale nella politica italiana. La destra vive ormai di interessanti velleità o, a voler essere benigni, di idealismi: si moltiplicano i partiti unici da fondare prima o dopo le elezioni, si propongono banche per il sud che non ci saranno, si decapitano gruppi dirigenti chiacchieroni, si persegue perfino la vecchia chimera della lotta all’evasione fiscale.

La sinistra invece vive di interessi organizzati: D’Alema ha ormai due piedi in Bnl, un piede in condominio con i senesi nel Montepaschi, fa piedino al San Paolo di Torino, coltiva la vecchia amicizia con la ricca finanza bresciana che fu protagonista dell’operazione Telecom e della sua ricchissima plusvalenza, e rivaleggia con il suo nuovo e stretto alleato Prodi nell’influenza politica su Intesa e Unicredito, senza dimenticare che Banca di Roma vanta vecchi crediti con lui per via della sistemazione dei debiti del partito; in più bisogna ascrivere al suo sistema anche una franca apertura alle ricchezze immobiliari simboleggiate dal “contropatto” di Bnl appena sciolto, e con notevole soddisfazione finanziaria. C’è poi quella storia della scalata al Corriere, e qui vale la forte difesa fatta da Fassino del diritto di chi ha quattrini a comprarsi i giornali. Fiengo e il suo cidierre sono démodé.

Tutta roba regolarissima, pezzi di politica strutturale che verranno buoni per vincere le elezioni e forse perfino per governare. Resta un mistero politico. Come sia stato possibile questo exploit nella legislatura di Berlusconi, il plutocrate; e come mai sia possibile che delle anomalie italiane faccia parte anche questa: la destra miliardaria fa austeri convegni politologici, mentre la sinistra sorveglia e tutela un processo inaudito di concentrazione del potere finanziario in mani amiche.

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