*Mario Lettieri, già sottosegretario all’Economia nel governo Prodi;
Paolo Raimondi, economista. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Nessuno è ancora in grado di quantificare con certezza l’ammontare
complessivo dei titoli tossici contenuti nel ventre del sistema bancario
americano e mondiale. Anche lo stesso presidente della Federal Reserve fa
capire che le cifre sarebbero di gran lunga superiori a quelle indicate
dalla stampa. Pertanto, la manovra americana complessivamente superiore a
4.000 miliardi di dollari, come sostiene anche l’economista Nouriel
Roubini della New York University, non riesce minimamente a incidere
positivamente sulla salute delle banche e delle assicurazioni insolventi.
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La ragione profonda non sta solo nei loro bilanci dissestati, ma nelle
voragini gigantesche dei derivati OTC (Over The Counter), i titoli tossici
che sono tenuti fuori bilancio.
Soltanto le prime tre banche americane, JP Morgan Chase, Citibank e Bank
of America, vantano, secondo l’istituto statale del Comptroller of the
Currency, 162.000 miliardi di dollari in derivati OTC, pari a 11 volte e
mezzo il PIL USA. Molti economisti ritengono che non ci sia più tempo da
perdere e che l’unica soluzione sia la nazionalizzazione delle banche. Il
che la dice lunga per lo stato più liberista del mondo. E questa strada è
stata imboccata anche dalla Gran Bretagna, dalla Germania e da altri in
Europa.
Ma la vera questione è cosa si nazionalizza. Si nazionalizzano anche i
derivati OTC? Sarebbe, a nostro modesto avviso, sicuramente la bancarotta
dello stato americano. Ciò comporterebbe delle conseguenze tanto
drammatiche anche a livello mondiale che non vorremmo nemmeno immaginare.
La soluzione più razionale che lentamente incomincia a profilarsi, e ci
auguriamo sia oggetto prioritario del prossimo G20, dovrebbe essere il
congelamento immediato e concordato dei derivati OTC e la sospensione di
tali operazioni sui mercati internazionali, a partire dall’America,
dall’Europa e dal Giappone. E’ una decisione che spetta solo ai governi.
Quando gli
stati sono chiamati ad intervenire non c’è più concorrenza che tenga ma
solamente assunzione di responsabilità e volontà di raggiungere accordi
condivisi. Questa dovrebbe essere la prima e immediata scelta propedeutica
all’avvio della Nuova Bretton Woods. Le nuove regole, i nuovi controlli
sui movimenti dei capitali, la lotta i paradisi fiscali e tutte le altre
misure antispeculative sono scelte necessarie ma dopo aver incominciato a
far pulizia dei titoli tossici.
Purtroppo, l’Europa dei 27 nel recente summit di Bruxelles non è riuscita
ad adottare decisioni condivise, anche in relazione ai riverberi della
crisi finanziaria sulle deboli strutture bancarie dei paesi dell’Est, come
invece sarebbe stato necessario. Se queste crollano, altro che nuove
cortine di ferro! E anche il sistema bancario europeo, a cominciare da
quello tedesco, è in grande fibrillazione perché ha rincorso la City di
Londra e Wall Street nella frenesia speculativa sui derivati, accumulando
titoli tossici che stanno aggredendo l’intera economia reale, non solo il
settore dell’auto.
Per l’Europa sarebbe una sfida e anche una spinta a una maggiore unità se
decidesse la creazione di un Fondo economico di sviluppo comune, capace di
emettere euro bond a bassi tassi di interesse e a lungo termine per
finanziare infrastrutture moderne, nuove tecnologie e la crescita
economica delle regioni europee economicamente ancora deboli come il
nostro Mezzogiorno.