*Financial Trend Analysis e’ una societa’ che opera nel settore dell’Analisi Tecnica. Le analisi di borsa qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
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(WSI) –
Il presidente dell’Eurotower, Jean-Claude Trichet, nel corso della settimana durante un suo intervento al Parlamento europeo, ha dichiarato che la Bce è pronta ad alzare il costo del denaro. Le sue parole “ritengo che il Consiglio direttivo della Bce possa essere pronto a prendere la decisione di muovere i tassi di interesse, dopo più di due anni e mezzo di tassi storicamente bassi, in maniera moderata” non sono state accolte dai mercati con l’insorgere di particolari tensioni.
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Del resto il differenziale attuale e soprattutto quello prospettico tra i tassi Usa e quelli europei è ormai molto, forse troppo ampio, ed i mercati non sono stati colti di sorpresa da questo mutamento di intenti, volto a ricondurre questa distorsione su livelli più accettabili. Anzi, potrebbe anche esserci una ricaduta positiva da una decisione di rialzo dei tassi presa tempestivamente, prima dell’insorgere di vere e proprie tensioni sui prezzi: il proverbio “meglio prevenire che curare”, ricordato anche dal presidente della Bce, potrebbe significare in questo caso che i tassi in Europa rimarranno relativamente bassi anche in futuro, senza danneggiare quindi le prospettive di crescita economica.
Alla base di tali affermazioni il fatto che la Bce è “preoccupata per i rischi di medio termine” riguardo la stabilità dei prezzi. Preoccupazione per l’inflazione oltre che la convinzione che in Europa la ripresa sia ormai bene avviata (“I dati più recenti confermano lo scenario di un graduale rafforzamento dell’attività economica” ha dichiarato Trichet) sono le due condizioni che questa volta rendono credibile uno scenario di tassi crescenti anche in Europa. Per quello che riguarda l’Italia gli ultimi dati non hanno messo d’accordo Governo e sindacati.
Nel mese di settembre infatti ordini e fatturato hanno subito una netta battuta d’arresto rispetto ad agosto, anche se su base annua entrambe le due voci evidenziano un andamento positivo. I dati diffusi dall’Istat si prestano così ad una duplice interpretazione, con gli esponenti del governo che parlano di una conferma della ripresa in atto e con i sindacati pronti a mettere in luce un andamento ancora stentato della crescita. Un dato è invece certo: gli ordini ed il giro di affari crescono, a livello tendenziale, grazie al traino dell’estero e non grazie ad una crescita interna.
Il trend di apprezzamento del dollaro, che la attuale situazione dei tassi di interesse sembra poter favorire anche in futuro, aiuta le esportazioni, ancora una volta salvagente della nostra economia. Crescita dell’export o meno comunque l’investitore è ormai abituato a ragionare in termini globali, e sa che l’andamento del nostro listino è in buona parte indipendente dai meriti o demeriti del sistema Italia, mentre dipende in larga parte dalla performance degli altri mercati più rappresentativi, quello tedesco in testa.
La nostra Borsa può contare in altre parole sulla protezione dell’ombrello europeo, e fino a questo rimarrà aperto anche una minore capacità di crescita dell’economia rispetto agli altri partner europei non dovrebbe essere troppo penalizzante in termini di andamento del nostro listino. Certo, la diversa composizione degli indici (a quello domestico mancano quasi del tutto importanti comparti come quello tecnologico o quello farmaceutico, mentre assume un peso rilevante quello energetico, che tra l’altro a settembre ha fatto la parte del leone per quello che riguarda l’aumento degli introiti, cresciuti del 26,2% su base annua) comporterà delle differenze in termini di valore numerico della performance, ma difficilmente, se il sentiment per le borse rimarrà positivo nonostante le dichiarazioni di Jean-Claude Trichet (o forse sarebbe meglio dire grazie alla sue dichiarazioni, tutto sommato tranquillizzanti grazie alla presenza della frase “in maniera moderata” riferita ad un futuro rialzo dei tassi) vi potranno essere delle differenze in termini di direzione del trend.
Ma quali sono gli indici dell’area euro che, da un punto di vista grafico, sembrano prospettare i maggiori spazi di rivalutazione? Quali tra gli indici di Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna appare meglio impostato (il Lussemburgo non è stato considerato per motivi di rappresentatività del suo listino)?
Innanzitutto è possibile stilare una classifica di questi listini partendo da una analisi della loro performance nei confronti di un unico benchmark, il Morgan Stanley Capital mondiale. In termini relativi si scopre quindi che su di un orizzonte temporale di 6 mesi, quasi tutte le borse considerate sono state in grado di mettere in mostra una performance migliore di quella dell’indice mondiale. Uniche evidenti eccezioni l’Italia ed il Portogallo.
Alcuni panieri poi si sono mantenuti in un intervallo molto vicino rispetto al valore ottenuto dal benchmark (che negli ultimi 6 mesi è cresciuto del 10% circa): Francia, Belgio, Irlanda e Finlandia differiscono dalla performance dell’MSCI mondiale meno dell’1%, in positivo o in negativo. Quelli invece che sono riusciti a fare molto meglio del riferimento sono, in ordine decrescente di performance relativa, l’Austria, la Grecia, la Germania, l’Olanda e la Spagna. I risultati dell’analisi muterebbero relativamente poco scegliendo un diverso orizzonte temporale.
La stessa classifica stilata considerando la performance relativa a 12 mesi vede le prime quattro posizioni ancora occupate da Austria, Grecia, Germania ed Olanda, mentre nella parte bassa della classifica rimangono il Portogallo, l’Irlanda e l’Italia. L’impressione che si ricava dall’analisi di questi dati è che in generale le borse europee sono state in grado, almeno nel corso del 2005, di ben figurare a livello mondiale (sia a 6 mesi sia a 12 è evidente la sovraperformance rispetto all’indice mondiale, almeno in termini di media non pesata dei rendimenti dei listini considerati) ed in particolare il quartetto di testa è stato anche in grado di mantenere un trend relativamente stabile nel tempo.
Non resta ora che valutare se il probabile mutamento di politica da parte della BCE ha causato, a livello grafico, dei mutamenti nella struttura del trend dei mercati meglio performanti. L’indice della borsa austriaca, dopo aver testato con i minimi di ottobre la media mobile a 100 sedute, supporto dinamico messo alla prova anche con le flessioni di maggio 2004 e maggio 2005, sembra pronto a ripartire al rialzo per lasciarsi alle spalle i massimi storici di quota 3510. Difficile indicare un obiettivo oltre questa soglia per la mancanza di riferimenti storici, tuttavia è possibile ipotizzare il raggiungimento di area 4100 entro i primi sei mesi del 2006, sempre che l’indice mantenga lo stesso tasso di crescita e non scenda al di sotto del supporto offerto dalla media a 100 sedute (attualmente a quota 3250).
Diverso il contesto per la borsa di Atene: in questo caso i massimi storici toccati nel 1999 sono molto lontani, e l’indice ha recentemente superato il 38% (Fibonacci) di ritracciamento del ribasso dai record storici. Facile quindi ipotizzare, sempre che i prezzi si mantengano al di sopra di area 3300, supporto critico, il test del ritracciamento successivo nella scala di Fibonacci, il 50%, posto a 3970 circa.
Rimane positivo anche il quadro tecnico del Dax, che recentemente ha superato il top di inizio ottobre a 5138 facendo così registrare un nuovo massimo annuale. Per l’indice tedesco il deciso superamento di area 5200, 50% retracement del ribasso dal top del 2000, sarebbe un segnale rialzista molto significativo, capace di traghettare i prezzi verso quota 5880 almeno (valore raggiungibile, in caso di mantenimento del tasso di crescita evidenziato dai minimi dell’agosto 2004, entro l’estate del 2006). Anche la borsa di Amsterdam, superando il massimo di inizio ottobre, ha fatto registrare recentemente nuovi massimi annuali. La tenuta del trend rialzista dovrebbe essere garantita in questo caso da prezzi superiori a 380. Il limite superiore del canale rialzista tracciato dai minimi del 2003 transita attualmente in area 475, ed è quello l’obiettivo che i prezzi potrebbero raggiungere nel corso dei prossimi mesi prima di subire una battuta di arresto significativa. Per gli indici citati non si notano segnali di debolezza rilevanti che possano compromettere il trend rialzista di fondo. Considerazioni analoghe valgono anche per l’indice domestico delle blue chip, il cui trend rialzista di fondo rimarrebbe inalterato a meno di discese al di sotto dei 32500 punti.
E invece negativo l’andamento del grafico di forza relativa che mette in rapporto lo S&PMib con l’indice MSCI mondiale. Pur se in grado in futuro di fare registrare una performance positiva, la borsa italiana rischia quindi di rimanere attardata rispetto ai best performer del 2005. L’investitore domestico dovrebbe quindi fare uno sforzo per ampliare i propri orizzonti, guardando agli indici segnalati per cercare di ottimizzare la propria performance di portafoglio.
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