Perchè no? Così ha risposto il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder a chi gli chiedeva se era plausibile che la maggiore banca tedesca, il simbolo della finanza germanica, diventasse americana. O più precisamente, se fosse vero che il maggior gruppo bancario americano, Citigroup, avesse nel mirino l’acquisizione della Deutsche Bank.
Ora posso immaginare che un lettore italiano non sappia chi fosse il mitico Abs, il banchiere che nel dopoguerra dalla vecchia sede della Deutsche Bank tornata a Francoforte accompagnò il miracolo economico tedesco. Ma forse tutti voi, passando almeno dall’aeroporto avete visto quelle due orgogliose torri di vetro che a fianco all’Alte Opera dominano l’economia del paese. Bene, quello a lungo è stato simbolo e centro del potere della rinascita tedesca fondata sull’economia, non sulla politica e tanto meno sull’esercito.
Circa un anno fa, nel pieno della crisi bancaria, Schroeder avrebbe offerto a Weill, il capo del gruppo Citicorp, l’acquisizione di una delle grandi banche nazionali: Hypo-Vereinsbank, Commerzbank o Dresdner Bank. La risposta di Weill fu chiara: o la Deutsche Bank o l’Allianz, null’altro. In cambio Citigroup, la più importante banca del mondo, avrebbe spostato in Germania, da Londra, la centrale delle attività europee, di fatto spostando verso Francoforte e Berlino una fetta essenziale degli affari che gravitavano sulla City londinese. Dietro le quinte si insinua perfino di un’offerta allo stesso Schroeder di diventarne il numero uno non appena abbandonato l’incarico attuale, uno di quei lavoretti precari che vanno di moda oggi giorno e che infatti scadrà nel 2006…
L’accordo allora non si chiuse per lo sbarramento del management di Deutsche Bank. Ma una volta liberati, i fantasmi non tornano nei loro cassetti e oggi di nuovo circola l’ipotesi di un rinnovato e silenzioso assalto di Citigroup, questa volta con la benevolenza del numero uno della banca tedesca, Joseph Ackermann, che d’altronde – scusate – è svizzero. La partita in sostanza non è affatto chiusa.
Perché Citigroup è tanto interessata alla Deutsche Bank? Perché il mercato tedesco ha un formidabile potenziale nella vendita di quei prodotti bancari a copertura del rischio previdenziale che fioriranno nei prossimi anni in parallelo con le riforme delle pensioni del governo. Inoltre «Db» è l’unica grande banca d’investimento mondiale non americana con una posizione di primato in Europa. Infine, la stessa banca controlla altri importanti istituti e quote di mercato significative in Italia e Spagna. Citigroup diventerebbe automaticamente non solo la prima banca europea, ma anche l’unica a potersi davvero dire tale. Un bel paradosso: l’unica grande banca europea sarebbe americana!
Se un avvenimento del genere si verificasse la colpa però sarebbe tutta degli europei. Nel mercato finanziario europeo manca infatti il coraggio di percorrere la strada delle fusioni tra istituti bancari di diverse nazionalità. Deutsche Bank potrebbe allearsi e fondersi con una grande banca francese, spagnola, olandese o italiana e allora sarebbe sì giustificato che anche altre grandi banche europee si aggregassero tra loro. Ma la cessione della maggiore banca europea a un gruppo americano è un esempio non imitabile. Un’altra delle fallimentari idee economiche che hanno successo nella mente del cancelliere.
Come ha notato qualche tempo fa la Frankfurter Allgemeine Zeitung in un allarmato articolo, la vendita della Deutsche Bank non è solo un problema di «aritmetica dei segmenti di mercato». La localizzazione delle decisioni è importante per la scelta strategica degli investimenti, dei posti di lavoro, delle ricadute fiscali, del destino della piazza finanziaria, eccetera, eccetera. I conflitti tra Europa e America sono stati tali nell’ultimo anno che alcuni investimenti europei sono stati danneggiati dallo scontro sulla guerra in Iraq. In quel caso tra Siemens e General Electric chi sarebbe privilegiato dalla Deutsche Bank in mano a Citigroup? Quali finanziamenti arriverebbero ad Airbus per sviluppare la concorrenza a McDonnell? Certo c’è sempre il mercato che può regolare tutto, ma chi è disposto a cedere il proprio occhio al concorrente e poi ha la serenità per dire: ora vediamo come va a finire?
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