Società

MA CHE FA L’AMERICA
CON L’ IRAN?

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(WSI) – Qual è il piano americano sulla minaccia nucleare iraniana? La prima cosa da capire è se effettivamente un piano ci sia, oppure se a Washington vada in scena il solito balletto tra falchi e colombe, con i primi pronti ad agitare il bastone e i secondi a offrire la carota.

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Si tratterebbe, in questo caso, di una non politica, di un modo di far trascorrere tempo senza riuscire a mettere in pratica una vera, lineare e riconoscibile strategia per fermare i turbanti atomici. C’è chi sostiene che il metodo di Condoleezza Rice sia proprio questo, quello di mediare tra le varie posizioni all’interno dell’Amministrazione, oltre che tra gli alleati.

Le ultime mosse di Washington sull’Iran appaiono aperturiste rispetto ai precedenti toni più decisi e ai primi tentativi di provocare un cambio di regime finanziando le opposizioni, i sindacati e la propaganda anti mullah. L’ultima proposta è di giovedì sera, quando i cinque paesi del Consiglio di sicurezza più la Germania (sempre assente l’Italia, sia che a governare ci sia la destra sia che ci sia la sinistra) hanno offerto a Teheran un pacchetto di incentivi in cambio della rinuncia ad arricchire l’uranio.

Non importa se gli iraniani abbiano già declinato l’offerta, né se la proposta contenga già l’adesione russa e cinese a una serie di sanzioni in caso di rifiuto. Ciò che importa è capire se stiamo assistendo alla fine della dottrina Bush – secondo la quale con i dittatori non si deve trattare mai – oppure se Washington stia provando a replicare con l’Iran la politica del “tavolo a sei” già adottata con la Corea del Nord, cioè investire direttamente le grandi potenze mondiali della responsabilità di affrontare la minaccia iraniana.

Ma c’è un’altra ipotesi. Questa: la Casa Bianca sa che Teheran rifiuterà qualsiasi richiesta di fermare la corsa al nucleare, sicché per convincere gli alleati a prendere misure drastiche deve dimostrare di aver cercato in tutti i modi una soluzione negoziale con i mullah. L’unica ipotesi al momento in campo è quella delle sanzioni economiche, che avrebbero forti ripercussioni sui paesi europei sia per l’aumento del prezzo del petrolio sia perché a differenza degli Stati Uniti continuano ad avere saldi rapporti commerciali con l’Iran.

Un anno e mezzo fa era successa la stessa cosa. Washington aveva improvvisamente dato il suo benestare alle trattative della troika europea con Teheran. In questo modo pensava che gli europei si sarebbero convinti della volontà iraniana di non fermare l’arricchimento dell’uranio. In parte Bush c’è riuscito, ma più grazie alle follie di Ahmadinejad che a causa di una reale presa di coscienza degli alleati. Quest’ultimo tentativo è rischioso perché concede ulteriore tempo agli ayatollah e non è detto che, una volta rifiutata l’offerta, gli alleati saranno convinti delle chiare, palesi ed evidenti intenzioni iraniane.

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