Società

LO STATO FUORI
DA ENI E ENEL

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(WSI) – Il governo valuta la discesa nel capitale di Enel ed Eni. Secondo quanto risulta a Finanza & Mercati la vera patata bollente nelle mani del presidente del Consiglio, Romano Prodi, e dei ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico, Tommaso Padoa Schioppa e Pierluigi Bersani, non sarebbe tanto la creazione di una holding delle reti quanto la possibilità di trasformare i due colossi energetici in delle public company.

Fonti vicine a Palazzo Chigi spiegano infatti a F&M come sia necessario definire in via prioritaria cosa vuole fare il governo delle sue partecipazioni in Eni ed Enel visto che se si decidesse di vendere le quote detenute dalla Cassa Depositi (un’operazione, quest’ultima, di per sè molto complessa visto che la Cdp è controllata al 30% dalle Fondazioni che sono affezionate alle generose cedole) il discorso sulla holding delle reti perderebbe automaticamente di significato.

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Se infatti la Cassa cedesse il suo 10% di Eni e il 10,2% di Enel potrebbe mantenere il controllo di Terna ed acquistare anche Snam rete gas senza incorrere in censure da parte dell’Antitrust. Ma Prodi, Bersani e Padoa Schioppa starebbero anche valutando cosa fare delle partecipazioni del 20,31% in Eni e 21,14% in Enel detenute direttamente dal Tesoro e che alle quotazioni attuali valgono complessivamente 30 miliardi senza contare il premio di maggioranza. Una delle ipotesi al vaglio del governo prevederebbe infatti la cessione di una parte di questi pacchetti azionari per trasformare le due società in public company lasciando allo Stato una piccola quota.

Anche in questo caso le preoccupazioni dell’esecutivo sono forti visto che il governo non vuole perdere i suoi gioielli della corona. Per questo si starebbe discutendo della possibilità di inserire strumenti in grado di bloccare il passo a eventuali operazioni ostili sulla falsa riga di poison pill e golden share o anche limitazioni al possesso azionario o ai diritti di voto. Ma fra le preoccupazioni dell’esecutivo, nel caso in cui si decidesse di far scendere lo Stato nel capitale di Eni ed Enel, ci sarebbe anche quella di non lasciare nelle casse delle due società tutta la liquidità di cui dispongono attualmente poiché da sola sarebbe sufficiente a fronteggiare buona parte dell’onere finanziario cui sarebbero chiamati i potenziali acquirenti.

Anche sul modo di impiegare questa massa di denaro ci sono diverse opzioni sul tavolo che andrebbero dallo stacco di una maxicedola per drenare liquidità alla realizzazione di un massiccio piano di investimenti prima di cedere le quote pubbliche, in modo da far crescere la capitalizzazione (è questo il caso di Eni, che attualmente ammonta a 99 miliardi) e farla diventare troppo grande per essere inghiottita con operazioni ostili. Inoltre, per quanto riguarda la società guidata da Paolo Scaroni, fonti vicine all’esecutivo fanno notare come sarebbe necessaria la cessione di Snam rete gas prima che il Tesoro o la Cassa depositi riducano la loro partecipazione nel Cane a sei zampe.

Intanto, scade domani il termine di 15 giorni annunciato il 26 gennaio scorso dal vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli, per la presentazione da parte di Padoa Schioppa di un provvedimento su Snam. Se saranno rispettati i tempi a quel punto si saprà davvero cosa vuole fare il governo.

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