Lo spauracchio della deflazione incombe sui governanti del mondo

di Redazione Wall Street Italia
6 Luglio 2010 10:27

(Teleborsa) – L’occupazione resta il maggior cruccio dei leader mondiali. Il mercato occupazionale resta infatti la catena debole dell’economia, non mostrando alcun cenno di ripresa alla fine del primo semestre dell’anno, ne offrendo spunti per un più deciso recupero dei consumi delle famiglie. E come si può accelerare la spesa senza un miglioramento della posizione reddituale? La crisi economica che ha travolto l’economia mondiale lo scorso anno lascia i suoi strascichi nelle maggiori economie occidentali. Lo confermano i dati sul mercato del lavoro statunitense, pubblicati venerdì scorso, che offrono ben pochi motivi per rallegrarsi. Trascurando il contentino del tasso di disoccupazione, che è sceso al 9,5% a giugno, la perdita di 125 mila posti di lavoro, primo calo da inizio anno, è stata una doccia fredda per l’Amministrazione Obama, che ha comunque tentato di dissimulare la delusione. Un Presidente USA cautamente positivo ha fatto la sua frettolosa comparsa in diretta TV, annunciando “Stiamo andando nella giusta direzione, anche se a velocità ridotta”. Ma quale giusta direzione? Anche il dato sull’occupazione del settore privato ha dato il colpo di grazia al sempre “ottimista” Barack Obama, che conta di aggiungere posti di lavoro con investimenti nella banda larga e nel settore sanitario, in barba al clima rigoroso che domina la politica della spesa nelle maggiori economie dell’Eurozona. E volando nel Vecchio Continente la situazione non è certo migliore. Il tasso di disoccupazione è lievitato al 10% con un aumento dei senza lavoro di ben 35 mila unità, ma il bilancio dei disoccupati sale a oltre 1,8 milioni se si fa il confronto con il 2009. L’Italia si colloca al 14° posto in classifica nell’Unione allargata con un tasso di disoccupazione che galleggia all’8,7%, scalzando la Francia di Sarkozy che mostra un tasso di disoccupazione prossimo alla media europea. E le notizie negative non sono finite qui. I Governi europei non hanno un “asso nella manica”. Aumentare la spesa per investimenti? Ipotesi improponibile, data la crisi di fiducia che ha recentemente colpito l’Eurozona a causa dei debiti eccessivi. E allora si torna a parlare di riforme strutturali, che consentano un aumento dell’efficienza, una crescita della flessibilità del mercato del lavoro e che possano portare, nell’arco di un certo periodo di tempo (più o meno lungo?) ad un aumento dell’occupazione. Ma ce la farà la stanca Europa a mettere in atto i suoi brillanti propositi? Ai posteri l’ardua sentenza, ma oggi sembra improbabile a causa della crisi di leadership che ha colpito i maggiori Governi europei.