Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Altro che scalate, l’economia
italiana scivola verso il basso con un
vero e proprio effetto palla di neve.
La produzione industriale è scesa
del 3%. E Standard & poor’s ha
emesso il temuto verdetto che declassa
il debito italiano futuro. Ma
sarà difficile che Berlusconi si distragga
in questi giorni
dall’unico tema che lo
tiene occupato. Le intercettazioni
dominano
a Porto Rotondo e
hanno indotto il premier
a ricorrere alle
maniere forti contro le
invasioni dei virgolettati
telefonici sui giornali.
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In conclusione, se la scorsa settimana
aveva disertato addirittura il
Consiglio dei ministri sull’affaire
Fazio, è risibile l’ipotesi che torni a
Roma per concentrarsi sui bollettini
di guerra che arrivano a cadenza
regolare dall’Istat. Adesso è occupato
a vergare di suo pugno norme
più severe sulle intercettazioni e la
loro divulgazione. Nel frattempo
l’economia reale va avanti un po’ a
stento, ma di questo magari si tornerà
a parlare a settembre, quando
si tratterà di decidere i saldi della
prossima manovra finanziaria. Intanto,
Standard and Poor’s ha rivisto
al ribasso l’outlook
dell’Italia da “stabile”a
“negativo”, confermando
allo stesso tempo
il rating sul debito
pubblico a “AA-” nel
lungo periodo e “A-
1+” nel breve. La decisione
è maturata, ha
spiegato l’agenzia, a
causa delle «crescenti sfide di bilancio» in un momento di crescita debole.
Le due coalizioni politiche che
si presenteranno alle elezioni del
2006, secondo S&P’s, sono troppo
divise al loro interno e quindi «non
hanno preparato una strategia per
correggere gli squilibri di bilancio,
con un deficit avviato a raggiungere
quota 5% nel 2006». La reazione
del ministro dell’Economia Domenico
Siniscalco è stata immediata:
«ciò che il governo deve fare fin dai
prossimi giorni per migliorare la fiducia
è assumere decisioni sulle
questioni irrisolte e attuare senza
indugio la politica economica concordata
con l’Ue, il cui principale
obiettivo è quello della crescita».
Perché secondo Siniscalco il giudizio
di S&P’s (naturalmente condivisibile,
secondo il ministro “tecnico”,
nella parte che paventa il pericolo
di una finanziaria elettorale), il peggioramento
dell’outlook, in sintesi,
«riflette sfiducia verso il futuro, più
che giudizi sul presente». Anche
l’opposizione è avvertita, tanto più
se vincerà l’anno prossimo e toccherà
a lei far digerire la maxistangata
nella finanziaria 2006, quella
che dovrà preparare il rientro nei
parametri di Maastricht.
Nel presente dell’economia
italiana però, almeno secondo i
dati Istat, qualche problemino resta.
La produzione industriale ha
registrato a giugno una contrazione
su anno del 3% e su mese dello
0,7%. Poteva andare peggio, se
si guardano meglio i numeri. Su
base tendenziale, precipitano i
settori “pelli e calzature” (-14%),
“gomma e materie prime” (-
9%), “apparecchi elettrici” (-
8,1%) e “mezzi di trasporto” (-
7,7%). E che non sia solo un crollo
stagionale è dimostrato dal fatto
che gli stessi settori guidano la
classifica delle produzioni in rosso
nei primi sei mesi dell’anno.
Più in generale è il manifatturiero
che mostra segni di debolezza un
po’ ovunque. A giugno ha subito
una flessione del 3,7%, nel primo
semestre del 2,6%. Ma alla luce
di queste cifre, cos’è che ha salvato
la produzione industriale da un
crollo più netto? Ad arginare la
caduta sembra aver contribuito
soprattutto il petrolio. I maggiori
incrementi di giugno riguardano
infatti l’estrazione di minerali
(+7,8% tendenziale e +11,1% nei
primi sei mesi), le industrie alimentari
(+3,3% su anno), e le raffinerie
(+5,8%su giugno ’04 e
+0,9% nel primo semestre).
Chi guarda a tutti questi dati
con preoccupazione, è naturalmente
Confindustria. Un autorevole
esponente di viale dell’Astronomia
commenta che la caduta
della produzione industriale
«non è una sorpresa», perché «al
di là del buon dato di aprile, che
rappresenta un rimbalzo tecnico
dovuto a fattori stagionali come
la pasqua, la tendenza è piatta».
Più in generale, «per capire se c’è
davvero la ripresa, come afferma
il governo, bisognerà aspettare
ancora».
Giovedì l’Istat diffonderà
la stima preliminare del Pil
del secondo trimestre: Confindustria
stima che «sarà un dato positivo
». Dopo due trimestri negativi,
viale dell’Astronomia
confida che il Pil segnerà «un valore
positivo, intorno allo 0,2-
0,3%», ma invita alla cautela: «è
troppo presto – sottolinea la fonte
– per intravedere in questo
rimbalzo tecnico i segnali di una
ripresa vera e propria».
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