I segnali di allarme lanciati dai prezzi di petrolio e oro nel recente passato, fanno pensare che quest’estate potrebbe ripetersi quanto accaduto in un’altra estate, quella che ha preceduto il collasso della banca Lehman Brothers.
Lo sostiene Simon Derrick, head of currency research di Bank of New York Mellon. In una nota l’analista ha scritto che “il principale indicatore del sentiment di mercato sia nel 2007 che nel 2008 e’ stato il prezzo dell’oro”.
A meta’ agosto 2007 il metallo prezioso si trovava ad un prezzo relativamente modesto di $650 l’oncia. Ma dopo che il taglio aggressivo dei tassi apportato dalla Federal Reserve alla fine del mese e’ partito un rally che ha visto la commodity fare un balzo del 58% fino a marzo 2008. I prezzi hanno toccato i massimi di quella fase a quota $1030 il 17 marzo 2008.
I futures sul petrolio hanno continuato la loro corsa fino all’estate del 2008 nonostante la pausa dell’oro, che in ottobre 2008, appena un mese dopo il tracollo di Lehman Brothers, valeva $680.
Alla luce di questi ragionamenti, la debolezza vista ultimamente sul mercato della preziosa commodity e’ particolarmente significiativo, spiega Derrick nel documento.
“Sebbene si possa essere portati a pensare che gran parte del calo del 7.7% subito dai prezzi dal 21 giugno a oggi sia stata dovuta alle prospettive di riabilitazione dell’euro come un credibile contenitore di valore, questo non si sposa bene con i fatti a disposizione”.
Derrick e’ convinto che la performance ci sta dicendo che, fatta eccezione per il 21 giugno, il giorno in cui la Cina ha cambiato strategia in ambito di politica valutaria, la riduzione dei prezzi e’ avvenuta in seguito ad una serie di dati macro poco convincenti.
Il deprezzamento visto di recente e’ dovuto al deterioramenteo della fiducia degli investitori nella ripresa dell’economia e nella costante minaccia di pressioni inflative, piuttosto che in un crescente ottimismo circa le prospettive dell’euro.