Società

LE NUOVE PAURE

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(WSI) – Vari elementi stanno gettando nebbia e paure su una ripresa che invece fino a pochissimi giorni fa sembrava avviata nel migliore dei modi (l’America sta correndo al ritmo di quasi il 5 per cento, dato annualizzato). Una ripresa che pareva una porta spalancata su un mondo migliore dopo le traversie degli ultimi due anni. Il primo elemento di turbolenza viene (ironia della storia) dall’uo­mo che più si è dato da fare per fermare la crisi, e cioè il presi­dente americano Obama.

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Ha perso le elezioni del Massachusetts, e aveva bisogno di una rivincita politica rapida e efficace. Quale occasione migliore per sparare sulle grandi banche del suo paese che, prima hanno preso i soldi pubblici per salvarsi, e che adesso stanno distribuendo bonus miliardari? Tutto giusto. Solo che l’attacco alle banche ha impensierito i mercati (che nel giro di pochissimo hanno già perso tutti i guadagni del 2010) e li ha resi molto nervosi. Un po’ tutti si rendono conto che la ripresa, al di là di quel che si dice, è fragile e un Obama con la lancia in resta non è proprio quello che ci vuole. Inoltre, c’è il sospetto che le grandi banche (poco abituate a farsi comandare) reagiscano con una specie di “scio­pero bianco”. Insomma, ancora meno finanziamenti all’eco­no­mia reale e più soldi gettati nelle operazioni finanziarie. Il contrario di quello che servirebbe e, se andasse davvero così, una brutta tegola per la ripresa economica.

La quale ripresa comincia a avere, nelle analisi degli esperti, un aspetto meno brillante di quello che sembrava in un primo tempo. Oggi, si dice, la congiuntura corre in parte perché ci sono ancora in giro molti sostegni pubblici e in parte perché le aziende stanno ricostituendo le scorte. Non appena tutto ciò finirà, l’economia riprenderà il suo passo naturale e sarà un passo lento, affaticato. Per stare in Italia, notano gli economisti della Ref (un centro milanese molto attento e prudente), a partire dalla seconda metà del 2010 la corsa rallenterà e anche nel 2011 si andrà meno veloci. Al punto che se oggi, 2010, la crescita complessiva sarà dell’1 per cento, nel 2011 si riuscirà al massimo a mettere insieme uno stentato 0,8 per cento.

Insomma, il malato si è alzato dal letto, sta provando a fare una corsettina nel corridoio dell’ospedale, ma si sa già che presto dovrà sedersi in poltrona e aspettare che il tempo completi l’opera dei medici. Quindi siamo dentro una sorta di finestra di opportunità destinata a chiudersi però con l’arrivo dell’estate. La prossima apertura si avrà, molto probabilmente, non prima del 2012.

Lo stesso ragionamento, sia pure con qualche variante, vale per le altre economie (asiatiche e emergenti escluse) e quindi si capisce perché non è sbagliato dire che questa ripresa è un po’ fragile.

Per tornare di nuovo all’Italia va detto che gli economisti della Ref hanno fatto due conti supplementari e che c’è poco da stare allegri. I livelli produttivi pre-crisi, quelli del 2007, saranno riacchiappati non prima del 2015, che non è proprio dietro l’angolo. Ma va ancora peggio per quanto riguarda il Pil pro-capite. In questo caso i livelli pre-crisi saranno “rivisti” nel 2018. Insomma, solo fra otto anni gli italiani torneranno a essere individualmente ricchi come erano nel 2007. Fino a allora dovranno navigare un po’ sottocosta e stare attenti alle spese. E sempre che non ci siano incidenti o sciagure. E un crollo generalizzato (e prolungato) dei mercati azionari potrebbe iscriversi in questa categoria di eventi non graditi.

Insomma, qualche motivo di ottimismo c’è (la barca va, e questo va bene), ma ci sono anche elementi che invitano alla prudenza. E la prudenza, se in genere è unna buona cosa, non è quasi mai un buon propellente per le riprese economiche. Diciamo la verità: un po’ di ripresa c’è, ma l’entusiasmo no. Non lo abbiamo ancora visto.

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