Società

LE MIRE FISCALI
DI PRODI FANNO AUMENTARE
LE DONAZIONI

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(WSI) –
Il fronte sul quale Silvio Berlusconi potrebbe rovesciare i pronostici è quello fiscale. La politica fiscale dell’Unione è il punto più debole del programma della colazione guidata da Romano Prodi.

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Nelle 280 pagine su cui il centrosinistra ha trovato il compromesso, si propongono alcune soluzioni che rischiano un impatto impopolare: innanzitutto la revisione delle aliquote sulle rendite finanziarie al 20 per cento circa, che punirebbe i titoli di stato e gli investimenti azionari (oggi i rendimenti sono tassati al 12,5 per cento), ma alleggerirebbe il carico sugli interessi maturati sui conti correnti (oggi l’aliquota è al 27 per cento, ma questo tipo di depositi va riducendosi perché assai poco conveniente).

Una simile manovra consentirebbe di reperire 2,5 miliardi di euro, da destinare immediatamente nel disegno di Romano Prodi alla riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro. Giulio Tremonti ha sostenuto che c’è un rischio di fuga di capitali.
La settimana scorsa ne hanno parlato il Sole 24 Ore e, sul Foglio, la rubrica “Scenari” di Carlo Pelanda. Il giornale della Confindustria, sotto il titolo “Indizi di fuga per i capitali”, citando esperti che “preferiscono mantenere l’anonimato, ha scritto di una nuova fioritura di holding lussemburghesi e di patrimoni messi al riparo oltrefrontiera: fenomeno “in atto da svariati mesi”, ma che “il programma dell’Ulivo e le mire di alcuni membri della coalizione di centrosinistra, con proclami e richiami espliciti a nuove tassazioni su redditi e patrimoni”, hanno contribuito a rafforzare.

I timori non riguardano soltanto i patrimoni che possono permettersi le complesse (e costose) procedure di fuga. Una parte dell’opinione pubblica teme anche gli effetti generali delle politiche di sacrificio caldeggiate da Romano Prodi, e l’annuncio già fatto di un intervento sulle norme che regolano la successione. L’imposta di successione – abolita nel 2001 dal governo Berlusconi – colpiva gli assi ereditari il cui valore superava i 350 milioni di lire, in percentuali diverse a seconda dell’entità degli assi stessi e del grado di parentela intercorrente tra l’erede e il dante causa.

Oggi, come prima avveniva quando non si sforava la no tax area, si pagano solo le tasse di trascrizione, che qualora si tratti di beni immobili ammontano, semplificando, al 3 per cento del valore catastale. Prodi si è espresso a favore di una reintroduzione dell’imposta solo per i più ricchi, prevedendo un tetto di applicabilità di 500 mila euro. Questa prospettiva sta innescando un improvviso rinnovato interesse per le donazioni.

Dice Antonio Tamborrino, presidente dei commercialisti italiani: “Non abbiamo ancora fatto un monitoraggio preciso della situazione, ma il fenomeno esiste, ed è chiaramente percepibile nelle richieste dei clienti”. Anche i notai non hanno ancora attivato un monitoraggio. Paolo Piccoli, presidente del consiglio nazionale del notariato spiega che la categoria non ha ancora registrato ufficialmente nulla. (Personalmente il suo studio a Trento non ha registrato incrementi delle donazioni).

Un atto facilmente annullabile

Il Foglio ha provato a contattare direttamente alcuni notai nel Lazio. Su poco più di 40 contatti è risultato che il 20 per cento circa degli studi notarili ha effettivamente subito un “aumento esponenziale” delle richieste di pratiche di donazione. Ecco qualche esempio. Dallo studio notarile Caraffa, Roma, dicono: “Sì da qualche tempo a questa parte c’è stato un aumento delle donazioni, soprattutto per quanto riguarda le case abitate dai figli che sono di proprietà dei genitori”.

Dallo studio Cesarini, Roma, osservano: “C’è stato un sensibile aumento delle richieste di effettuare donazioni sia di case in città che fuori città, per paura che le seconde case vengano colpite di più”. Studio Flamini, Roma: “C’è stato un forte aumento delle donazioni anche a favore di coniugi più giovani”. Anche lo studio Salerno, sempre Roma, ha registrato un aumento delle donazioni: “Sebbene – dice l’intervistata – qui si faccia sempre presente che questo è un negozio giuridico facilmente annullabile. Un altro 15 per cento degli intervistati opera in zone prevalentemente rurali e non ha avvertito il fenomeno. Il restante 65 per cento dichiara di essere sostanzialmente nella media degli atti stipulati, ma di avere riscontrato un aumento delle richieste di informazioni.

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