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(WSI) –
Lo tsunami che si è abbattuto sulle Borse era largamente prevedibile e indica che vi è una notevole asimmetria nella percezione del rischio da parte degli analisti dei mercati finanziari. Si sapeva che il problema degli insoluti dei crediti immobiliari di seconda scelta si sarebbe esteso dagli operatori che negli Stati Uniti li avevano finanziati a quelli che nella finanza internazionale ne avevano coperto il rischio mediante l’assicurazione e l’acquisto dei crediti a valori inferiori a quelli nominali.
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Ed è ovvio che la ricerca di liquidità da parte di questi operatori avrebbe reso meno abbondanti le risorse per il finanziamento del mercato azionario. Si sapeva che il rialzo dei tassi d’interesse attuato dalla Federal Reserve, dalla Bce e dalla Bank of England si sarebbe ripercosso sul costo degli approvvigionamenti di denaro fresco, una volta scaduti i precedenti prestiti, quindi con uno sfasamento temporale.
Ed era ovvio che ciò avrebbe inciso sulle numerose operazioni di acquisto con leva – cioè di acquisto con un pasticcio che formalmente è di lepre, ma che in realtà è fatto per un quinto da lepre (capitale proprio) e quattro quinti da cavallo (prestiti). Questi “leverage” sono molto convenienti quando i tassi sono bassi, ma rischiosi quando i tassi salgono. Chi si assicura contro il rischio di aumento del tasso (per i prestiti a tasso variabile) a sua volta addossa il rischio agli operatori di derivati. La catena degli effetti depressivi sulla liquidità dei vari soggetti finanziari era nota. Era evidente che essa sarebbe sfociata in una tendenza alla vendita di titoli in portafoglio, usati come copertura dei rischi.
Gli analisti finanziari però non sono soggetti razionali disinteressati. Sono, come ogni altro operatore, motivati dal proprio tornaconto. Essi tendono a informare in ritardo il mercato, rispetto a quello che sarebbe suggerito da “aspettative razionali pure” perché in tal modo si prolungano le fasi ottimistiche. Così incrementano il volume delle operazioni di finanziamento su cui possono operare come consulenti. Ciò anche a prescindere da eventuali condotte di insider trading di natura ribassista che appartengono alla patologia dei mercati. E che non è necessario tirare in ballo per spiegare l’accaduto.
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