Inizio di settimana in deciso rialzo per l’euro contro il dollaro sui mercati europei. La moneta unica sale ad un massimo di 1,4815 dollari. Poi ripiega sul finire degli scambi nel vecchio continente a 1,4812 dollari, contro una quotazione di 1,4732 dollari segnata venerdi’ sera in chiusura a New York. Al continuo ribasso del dollaro contribuisce la mossa delle banche centrali di incrementare le proprie riserve in euro e yen a discapito del biglietto verde.
Nel secondo trimestre dell’anno, infatti, le riserve mondiali in dollari sono scese ai minimi da quando l’euro fu introdotto nel 1999, secondo un rapporto del Fondo Monetario Internazionale. Al 30 giugno scorso le riserve in dollari sono calate al 62,8% dal 65% del trimestre precedente, mentre le riserve in euro sono salite al 27,5% dal 25,9% del primo trimestre, segnando un massimo storico. Se puo’ interessarti, in borsa si puo’ guadagnare accedendo alla sezione INSIDER. Se non sei abbonato, fallo subito: costa solo 0.77 euro al giorno, provalo ora!
I governi mondiali, spiegano gli analisti, stanno abbandonando il dollaro anche perche’ il Tesoro Usa da alcuni mesi a questa parte sta collocando sul mercato quantita’ record di titoli di stato per ripianare un deficit che, al 30 settembre scorso, ha raggiunto l’astronomica cifra di 1.400 miliardi di dollari. Secondo alcuni analisti, questa tendenza delle Banche centrali a liberarsi del biglietto verde continuera’ nei prossimi mesi. Altri, invece, sostengono che ci sara’ un ritorno al dollaro come principale valuta di riserva, nel momento in cui la Federal Reserve alzera’ i tassi d’interesse.
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CAMBI: DOLLARO RESTA DEBOLE MA ”DE PROFUNDIS” E’ IPOTESI ARDITA
(ASCA) – Roma, 12 ott – Niente di nuovo sotto il sole.
Aumenta l’appetito degli investitori per il rischio e il dollaro si indebolisce mentre galoppano borse e materie prime.
Oggi la valuta Usa e’ scivolata 1,4813 sull’euro, sui massimi delle due settimane. A Londra, l’oro ha segnato il il nuovo massimo storico a 1.058,75 dollari l’oncia, il petrolio Wti e’ risalito a 73 dollari al barile, il rame viaggia a ridosso dei 6.300 dollari per tonnellata.
Un movimento favorito dall’abbondante liquidita’ fornita a buon mercato dalle banche centrali.
Si tratta del copione opposto visto tra febbraio e marzo del 2008, quando nel momento piu’ acuto della crisi finanziaria, la mancanza liquidita’ sui mercati aveva sospinto la rimonta del dollaro fino a 1,25 sull’euro.
Allora, nella fase di massima incertezza, gli investitori avevano proprio puntato sul biglietto verde come ”porto sicuro” vendendo azioni e materie prime.
Ora che la crisi e’ meno acuta, il dollaro e’ ritornato a perdere terreno ma difficile scambiare gli aggiustamenti di portafoglio degli investitori come il ”de profundis” del biglietto verde. Nei giorni scorsi si e’ scritto di un meeting segreto tra i paesi del Golfo, grandi produttori di petrolio, per abbandonare la valuta Usa come unita’ di conto per le quotazioni del petrolio. Ma Kuwait ed Arabia Saudita hanno subito smentito.
Pare che le banche centrali abbiano aumentato le riserve in valute diverse dal dollaro di 413 miliardi nello scorso trimestre scorso (un ammontare toccato solo nel 2003). Gli occhi sono puntati sulle banche del Far East.
Ma, proprio lo scorso giovedi’, le banche centrali asiatiche, che dispongono di ingenti riserve di dollari, sono intervenute in maniera decisa sul mercato dei cambi a sostegno del ”greenback”, mostrando dunque di non voler assecondare una fuga dalla valuta Usa. La questione dei cambi e’ riemersa non appena si e’ capito che l’uscita dalla crisi sara’ lenta e la ripresa non offrira’ nuovi posti di lavoro, anzi la disoccupazione e’ destinata a superare il 10% negli Usa e nell’Eurozona.
Si prospetta dunque una fase di bassi consumi con debole dinamica della domanda aggregata, una situazione che potrebbe essere essere compensata da una ripresa dell’export.
C’e’ dunque il timore che qualche paese possa essere tentato da svalutazioni competitive per compensare con le export la voragine aperta dalla caduta della domanda interna.
I recipienti naturali di queste esportazioni dovrebbero essere, nei ”desiderata” di Eurozona ed Usa, i paesi emergenti, in particolare la Cina, che continua a mantenere artificialmente basso il cambio dello yuan legandolo ai destini del biglietto verde.
Se poi si guardano i numeri che contano, ci si accorge che il SuperEuro potrebbe essere una illusione ottica. Basta guardare le statistiche della Bce sui tassi di cambio nominali effettivi, quelli cioe’ su cui si gioca la partita del commercio estero.
Rispetto al paniere delle 21 valute (dollari incluso)che rappresentano i paesi di sbocco dell’interscambio tra eurozona e resto del mondo, l’euro si e’ svalutato. Il 18 dicembre 2008 il tasso di cambio nominale effettivo dell’euro viaggiava al massimo storico di 118, oggi si trova a 116.