Società

Lavoro stagnante. Segnali di miglioramento: non pervenuti

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New York (WSI) – Un report dedicato a tutti quelli che sono ancora convinti che il maltempo abbattutosi sul Midwest e la costa orientale statunitense sia l’unica causa dell’ultimo – per molti versi – deludente rapporto governativo sul mercato del lavoro. Per avere un quadro realistico della situazione occupazionale americana bisogna passare sotto la lente l’ultimo rapporto sulle posizioni di lavoro aperte e sul turnover del personale.

Se le cifre del rapporto mensile del Dipartimento del Lavoro sono difficilmente decifrabili, i numeri del JOLTS (Job Openings and Labor Turnover) diffusi martedi’ non lasciano spazio ai dubbi: c’e’ un’altra risposta alla carenza di assunzioni ed e’ molto semplicemente la carenza di posizioni disponibili. Il numero di posizioni aperte che le societa’ vogliono riempire e’ sceso del 4% in dicembre. E di solito una flessione di quella voce si riflette automaticamente in un calo delle assunzioni il mese successivo.

Un mese – gennaio – che altrimenti sarebbe difficile giudicare facendo affidamento unicamente al rapporto occupazionale governativo. Per molti osservatori infatti il tasso di partecipazione alla forza lavoro, scivolato ai minimi di 26 anni, e’ il principale motivo a monte della discesa del tasso di disoccupazione al 9%. Disoccupazione che negli ultimi due mesi ha registrato il maggiore ribasso dal 1985.

“I dati del JOLTS offrono un altro paio di occhi sulla situazione occupazionale… il mercato del lavoro descritto e’ molto piu’ debole di quello che si vede nelle cifre del governo”, dice Nicholas Colas in un report ottenuto in esclusiva da Wall Street Italia.

Secondo Colas, Chief Market Strategist del gruppo BNY ConvergEx, il mercato del lavoro americano e’ ancora stagnante, nonostante quello che possano far credere i numeri. Nel complesso, se si escludono i segnali positivi lanciati dall’andamento dei consumi, non vediamo alcun segnale fondamentale di miglioramento”. E come vedere la luce fuori dal tunnel quando le assunzioni di personale nuovo e le posizioni aperte sono calate da novembre a dicembre?

Stando ai dati del JOLTS l’economia ha aggiunto 22 mila posti di lavoro in dicembre, quasi 100 mila unita’ in meno del numero pubblicato dal governo nel rapporto mensile occupazionale (+121 mila). In novembre la forza lavoro americana si e’ rafforzata di 60 mila unita’.

“Siamo convinti – prosegue Colas – che il report JOLTS vada a rispondere a quei punti domanda lasciati aperti sulle condizioni del mercato del lavoro, che e’ ancora molto lontano da quella ripresa con quella ‘velocita’ di fuga’ che tutti si augurano”.

Per velocita’ di fuga si intende quella minima iniziale a cui un oggetto deve muoversi per allontanarsi per sempre da una sorgente di campo gravitazionale. Il mercato del lavoro e’ ancora incollato come una calamita al centro della Terra, o meglio ai livelli pre crisi.

L’inflazione in crescita potrebbe compromettere i margini aziendali e portare a ulteriori licenziamenti e meno assunzioni. La debole domanda a livello nazionale potrebbe costringere le societa’ a non assumere, per paura che i ricavi non siano abbastanza buoni. Un altro rallentamento dell’economia potrebbe compromettere la continuita’ della crescita dei posti di lavoro. Nella peggiore delle ipotesi gli Stati Uniti potrebbero anche non vedere mai piu’ il tasso di disoccupazione tornare sui livelli precedenti al crack di Lehman Brothers.

Ma quello che preoccupa maggiormente e’ che per le aziende americane non cambia nulla. L’erosione della classe media americana, un tempo il punto di forza della – ancora per poco – maggiore economia mondiale, non ha piu’ la rilevanza che aveva un tempo. Per il semplice motivo che su scala mondiale non conta. Tutto quello di cui le multinazionali hanno bisogno che l’America garantisca loro sono fondamenta stabili e l’assenza di sorprese.

Mentre il potere d’acquisto dell’americano medio si riduce, un numero sempre piu’ alto di nuovi consumatori nel resto del pianeta si affaccia. Persone che muoiono dalla voglia di entrare in possesso di prodotti americani come biscotti, bevande, scarpe o dispositivi portatili di nuova generazione. Ben 500 miliardi di dollari di utili derivano dal fatturato realizzato fuori dai confini statunitensi e 1.000 miliardi di dollari di profitti sono parcheggiati in paradisi fiscali. La vera crescita proveniene da fonti straniere. Per fortuna, verrebbe da dire.