(9Colonne) – Roma, 31 mag – “Il contributo più importante Draghi lo ha offerto togliendo poteri discrezionali a Banca d’Italia. È stato il segno più importante della svolta epocale consumatasi a Palazzo Koch”. Inizia così il bilancio che gli economisti Tito Boeri e Francesco Vella tracciano del primo anno e mezzo del governatorato Draghi su “lavoce. info” , proprio nel giorno in cui il numero uno della banca centrale legge quelle che i due recensori definiscono le “considerazioni iniziali”. “Cancellando tre righe delle istruzioni di vigilanza, quelle sull’obbligo di informativa in caso di aggregazioni bancarie prima delle riunione dei consigli di amministrazione, Draghi ha tolto un gesso che era in contrasto con le norme del Testo unico della finanza e impediva al nostro sistema bancario di crescere e diventare più efficiente”, scrivono Boeri e Vella secondo i quali “Draghi ha anche segnalato a tutti che le aggregazioni bancarie erano benvenute e che la difesa dell’italianità non sarebbe stata usata come argomento”. I risultati di questo cambiamento sono evidenti a tutti: in un anno sono nati due colossi a livello continentale. E tre delle prime sei banche italiane sono controllate da stranieri: Bnp-Paribas, Abn-Amro e Crédit Agricole. “In questo modo abbiamo oggi due banche italiane (di cui una con una robusta presenza internazionale) di dimensioni ed efficienza comparabili a quella dei maggiori attori mondiali. Allo stesso tempo, il nostro mercato può vantarsi di essere tra i più aperti fra quelli dell’Europa continentale”. E’ora auspicabile che “insieme alle economie di scala aumenti anche la concorrenza perché i miglioramenti di efficienza si trasferiscano agli utenti finali”. Il governatore – ricordano Boeri e Vella – ha anche chiuso l’Ufficio italiano cambi (Uic), dando un primo taglio ai costi dell’istituto, tra cui quelli relativi al suo compenso personale (i suoi predecessori sommavano al compenso di governatore un’alta indennità quale presidente dell’Uic). “Bell’esempio”. Dopo aver ricordato che, come richiesto dalla nuova legge sul risparmio, Banca d’Italia ha anche cambiato il proprio statuto con importanti modifiche nella governance e nella organizzazione interna, soprattutto introducendo il principio di collegialità, i due autori osservano che molte cose restano ancora da fare. “Il servizio studi è sempre stato il fiore all’occhiello della Banca. Marginalizzato nell’era Fazio, deve oggi essere rilanciato”. Per quanto riguarda la vigilanza bancaria “assieme al maggiore coinvolgimento dei soggetti vigilati nella fase di consultazione sui provvedimenti da adottare, è importante definire un più organico sistema di valutazione di impatto della regolamentazione”. E inoltre: “Se Banca d’Italia vuole essere credibile nel chiedere al governo di riformare le pensioni e nell’auspicare la separazione tra mondo bancario e gestione del risparmio, non può mantenere al suo interno la gestione del fondo pensione dalla Banca, anche perché nel portafoglio sono inclusi pacchetti consistenti di importanti società quotate italiane. Deve separarlo e affidarlo a terzi”. Secondo Boeri e Vella, andrebbe infine accelerato il piano di chiusura delle filiali non capoluogo di regione.