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Land grabbing: ecco le aziende che si stanno prendendo la terra

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ROMA – L’acquisto di grandi appezzamenti di terra da parte di aziende a scopo di investimento è sempre più diffuso. Con danni enormi per la popolazione.

Può succedere anche in Italia? No, nel nostro Paese un’azienda non potrebbe – come immagina provocatoriamente il video a fondo pagina – appropriarsi di grandi appezzamenti di terreno pubblico a scopo di sfruttamento economico. Insomma, non vedremo piantagioni di girasole da olio a Parco Sempione, Circo Massimo e nel Parco del Colle Oppio. Anche perché – se così fosse – la popolazione reagirebbe con durissime proteste.

In altri Paesi, però, il land grabbing è un fenomeno reale e sempre più pressante, in particolar modo nell’Africa Subsahariana. Si stima che ad oggi, nel mondo, siano stati “occupati” oltre 80 milioni di ettari, di cui oltre la metà in questa regione. Per le aziende coinvolte si tratta di un ottimo investimento: la crescita dei prezzi dei prodotti alimentari, l’interesse globale per i biocarburanti e la crescita della popolazione mondiale hanno scatenato una vera corsa all’accaparramento, facendo crescere il fenomeno del 1000% dal 2008 ad oggi.

Soldi facili? Sì, ma controversi: spesso queste acquisizioni, ottenute grazie ad accordi con i governi locali e poco o per nulla regolate, avvengono senza l’informazione e il consenso delle popolazioni che vivono in quelle terre e che ne dipendono per sopravvivere. È quello che sta succedendo in questi giorni in Senegal, nella regione di Ndiaël. E la protagonista, purtroppo, è un’azienda italiana.

[ARTICLEIMAGE] La Tampieri Financial Group, grande holding familiare faentina attiva nella produzione di olio alimentare, si appresta infatti ad entrare in possesso di 20mila ettari di terra nel Senegal del nord. Il progetto è nato nel 2010, con una concessione alla Senéthanol da parte del Consiglio Rurale di Fanaye. A quel punto sono arrivati i finanziamenti, tra cui quello – maggioritario – della Tampieri.

Quei 20mila ettari, che saranno destinati alla coltivazione di girasoli per produrre oli alimentari – ospitano oggi 37 villaggi e 9.000 persone, che rischiano di perdere ogni possibile fonte di sostentamento. I rappresentanti delle comunità locali hanno creato il Collettivo per la difesa della riserva di Ndiaël, e nel 2011 le proteste sono sfociate nell’uccisione di 2 manifestanti. Ma il progetto non si è fermato, e sta per diventare realtà.

Gli abitanti, da soli, non hanno la forza di contrastare gli interessi economici che animano il progetto. Per questo ActionAid, organizzazione internazionale impegnata nella lotta alle cause della povertà, ha adottato la loro causa. Non solo con il video che vi presentiamo in questo articolo,

ma con una petizione urgente rivolta a Giovanni Tampieri, amministratore delegato di Tampieri Financial Group, per chiedere all’azienda di ritirarsi dal progetto di sfruttamento.

La petizione ha già raccolto oltre 20.000 firme, dimostrando l’attenzione degli italiani per il fenomeno del land grabbing, e può essere ancora firmata sulla pagina realizzata ad hoc da ActionAid.[ARTICLEIMAGE]

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