E’ un’occasione irripetibile quella che ha adesso ePlanet.
Recentemente “ossigenata”, seppur a condizioni sfavorevoli, da una cordata trainata dal fondo d’investimento Angel Venture di Gian Filippo Cuneo, ePlanet sembra aver imboccato la strada che porta alla redditività, quella che passa per l’utente aziendale.
Ragioni di un insuccesso
Fa lo stesso lavoro di eBiscom per il segmento residenziale e Colt Telecom per il business rivolto agli utenti aziendali: ePlanet posa cavi in fibra ottica e vende connettività a banda larga.
Rispetto ai suoi colleghi, che, pur non scoppiettando non impensieriscono i propri investitori (anche eBiscom per ora sta investendo……) ePlanet è stata, banalmente, solo più confusa.
Ha esordito rivolgendosi al consumer con il decoder per Internet via TV, quando sembra più verosimile il contrario, ovvero che la tv passi dal PC attraverso la tecnologia “digitale terrestre”, spendendo qualche miliardo di lire per farlo sapere al mercato.
Per raggiungere le case dei consumer e delle piccole aziende con accesso indiretto o “disaggregato” (oltre che diretto) ha pagato a caro prezzo l’interconnessione a Telecom Italia sviluppando una capacità di trasporto che il mercato non era evidentemente pronto a recepire.
Nel frattempo posava 250 chilometri di fibra (i famosi ring) intorno ai principali capoluoghi spendendo circa cento miliardi di lire e incassandone sessanta (che comunque non sono male per una società in crisi)da 60.000 utenti e dal business ruotante intorno alle sue controllate.
Tutto questo, senza una precisa strategia che probabilmente sperava di trovare strada facendo.
Mentre si dimenava nelle sabbie mobili della nota “terra di nessuno”, in questo caso quella tra il privato (che in realtà non ha mai completamente abbandonato) e l’azienda, ePlanet assumeva quattrocento persone di cui circa il 10% tecnici-commerciali e due terzi per il call center dedicato agli utenti.
La cassa, intanto, scemava, anche per la partecipazione (0,5%) in IPSE (il consorzio aggiudicatario della licenza di telefonia mobile UMTS), al ritmo di venti miliardi a trimestre, di cui sette/otto solo per il personale.
E poi il management. Mai come nell’economia della conoscenze, intese e come sapienza e come relazioni, a fare la differenza sono le persone.
Personalmente ho avuto modo di avvicinare ePlanet un paio di volte per informazioni sui prezzi dei servizi dati/video. In entrambe le occasioni, dopo una girandola di interlocutori alla ricerca del listino perduto, rimediai giusto un depliant e l’invito a vedere il sito.
Tutto qui. Come si vede niente che abbia a che fare con la congiuntura negativa della famigerata New Economy.
Il riposizionamento.
Tracce del vecchio stato confusionale sono ancora rilevabili nei comunicati stampa della società. Questa, infatti, da una parte dichiara di rinunciare al mercato residenziale per concentrarsi sulle aziende vicine ai “ring”, sugli Internet Provider e i rivenditori all’ingrosso (tanto da voler smantellare il call center dedicato agli utenti residenziali). Dall’altra, accenna al mantenimento dell’offerta di accesso indiretto (dial up) e residenziale (soprattutto in Toscana dove si è messa in società con i comuni locali) per liberare la connettività accumulata, essere capillare e dare profondità alle proprie reti, allungate oltre confine dal recente accordo con Infonet, il più grande carrier a livello mondiale.
Sembra inoltre difendere la sua partecipazione nel consorzio Ipse “pre-vendendo” la convergenza di Internet mobile a banda larga in anticipo di qualche anno.
Al di là di queste contraddizioni, comunque, ePlanet sembra essere determinata ad arretrare verso il b2b (business to business, ossia prodotti per aziende), o meglio, ad accentuare questo orientamento, nella veste di Application Service Provider (gestore di applicazioni di rete) e di carrier (tipo E-via) fornendo larga banda a ISP e amministrazioni locali.
L’impressione è che ePlanet abbia perso tutto quello che poteva perdere e che oggi abbia un’esperienza che vale circa 7/800mliardi di lire: tanta è stata la capitalizzazione bruciata nell’arco di un anno.
La presenza di Cuneo nel capitale di ePlanet dovrebbe garantire la coerente implementazione dei propositi commerciali annunciati.
Tutte premesse che, nel medio periodo, dovrebbero restituire a questo operatore almeno la metà (o poco meno) del suo valore iniziale di €80, risollevandolo dalle ceneri dei €15 di oggi.
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*Ettore Iannelli è un analista di marketing strategico del settore telecomunicazioni.