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LA SCOSSA REAGANIANA

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(WSI) – In Italia l’economia è ferma e si respira un’aria di rassegnazione, di sfiducia e di crescente insoddisfazione. L’unico modo per uscire da questo vicolo cieco è dare una scossa: gradualismo, concertazione e faraonici investimenti pubblici non bastano, anzi sono controproducenti. Cinque sono i cardini su cui agire.

1 – La riduzione del peso del settore pubblico dall’attuale 47% del Pil a non più del 35-38%, restituendo potere d’acquisto ai contribuenti. E’ chiaro che questo implica riduzioni di spesa notevoli, visto anche il peso del debito. Che cosa va tagliato? Impiego pubblico, spesa per pensioni, trasferimenti alle imprese e al Sud.

2 – Semplificazione del sistema fiscale e riduzione del numero di aliquote in modo da scoraggiare il meno possibile lavoro ed investimenti. In Italia le ore lavorate per abitante sono scese di circa 200 ore l’anno (25 giorni lavorativi) dal 1973 ad oggi, a causa dell’aumento della pressione fiscale e del sistema pensionistico insostenibile. Alla riduzione delle aliquote e della progressività va aggiunta l’eliminazione di sgravi, incentivi e complicazioni del sistema fiscale.

3 – Deregolamentazione dei mercati, non solo e non tanto del lavoro ma anche dei beni, in particolare difesa della concorrenza, ed abolizione dei privilegi degli insiders per facilitare l’entrata degli outsiders; il commissario europeo Mario Monti insegna.

4 – Smantellamento delle corporazioni che ostacolano il mercato e garantiscono costosi privilegi ai propri membri: dai farmacisti, ai notai ai taxisti, ai superprotetti impiegati pubblici ai lavoratori anziani delle grandi imprese.

5 – Semplificazioni del sistema giuridico-amministrativo che faciliti le attività di mercato. Secondo dati internazionali che si riferiscono a un paio di anni fa, in Italia ci vogliono 16 procedure amministrative per aprire un’impresa, tante quante in Senegal contro 2 in Canada, 4 negli Stati Uniti e 5 in Gran Bretagna. Il numero medio di giorni lavorativi necessari per svolgere queste pratiche è 62 in Italia, come in Brasile, contro 2 in Canada e 3 negli Stati Uniti.

Funzionerebbe? Ha funzionato nei Paesi che ci hanno provato. Questa infatti è (mutatis mutandis) la ricetta seguita da Ronald Reagan e proseguita da Clinton negli Stati Uniti. Dopo la svolta reaganiana dei primi Anni Ottanta gli Usa hanno imboccato un periodo di crescita eccezionale che a parte qualche breve flessione ciclica continua ancora oggi. L’Irlanda sul finire degli Anni 80 era un Paese in declino ben più povero della media europea. Con questa ricetta (un solo dato: la spesa pubblica in Irlanda è scesa di quasi dieci punti di Pil in tre anni) l’Irlanda si è trasformata nella tigre d’Europa con tassi di crescita addirittura più alti di quelli degli Stati Uniti. Margaret Thatcher nel 1979 ereditò un Paese sull’orlo del baratro e gli diede una scossa che permette oggi a Tony Blair di navigare in un’economia molto più vivace di quella di Italia, Francia o Germania.

E’ possibile che questa ricetta faccia aumentare (solo per un certo periodo) la disuguaglianza, come è avvenuto negli Stati Uniti e in Inghilterra. Ma più disuguaglianza non significa che i poveri si impoveriscano, ma solo che diventano più ricchi a un tasso meno rapido dei ricchi stessi. Con queste riforme i ricchi di domani saranno coloro che lavorano e che investono, non i membri delle corporazioni che sanno navigare i ministeri.

Insomma, soluzioni indolori non esistono, cercarle con gradualismo non fa che dar tempo ai privilegiati di bloccare ogni possibile cambiamento.

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