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(WSI) – La pista americana finora trascurata dagli inquirenti: perché negli Stati Uniti ci sarebbero fondi occulti utili alle indagini su Unipol. La madre di tutte le tangenti: 500 miliardi di vecchie lire, l’affare nascosto della scalata della «razza padana» alla Telecom. Gli interessi scomparsi dei fondi di Consorte, che misteriosamente non avrebbero prodotto rendite finanziarie. La lettera che D’Alema avrebbe scritto a Draghi, all’epoca della scalata Telecom, cercata invano negli archivi del Tesoro.
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Quello che si raccoglie è solo sussurrato dalle fonti ed è solo una parte delle chiacchiere private fra il presidente del Consiglio e la gente di cui si fida. La punta di una mole di informazioni, indiscrezioni, presunzioni che sino a prova contraria non può che avere il carattere del veleno politico. Ma chi racconta assicura che le indiscrezioni di oggi saranno domani elementi capaci di segnare il prosieguo della campagna elettorale. E’ quello che «non è ancora “uscito” e che prima o poi verrà fuori, perché il presidente di questa vicenda sa molto e soprattutto in modo molto documentato».
Attraverso le parole di alcuni stretti collaboratori si può ricostruire questo clima. La cornice è quello che lo stesso Cavaliere ha promesso: «Su Unipol non mi fermo, andrò sino in fondo, avete carta bianca per picchiare duro». Con l’assicurazione ulteriore che la vicenda non è chiusa, che certamente ci saranno novità, che l’obiettivo è anche far luce sul «buco nero» della scalata alla Telecom.
Intorno a quel «buco nero» si raccolgono altri brandelli di presunte informazioni. Lo ha già chiesto due giorni fa Fabrizio Cicchitto, interpretando il Cavaliere: occorre fare luce sulla prima acquisizione della società telefonica. E luce in questo caso, ad ascoltare altri collaboratori, significherebbe scoprire un autentico vaso di Pandora, al cui interno i magistrati potrebbero trovare tangenti per centinaia di miliardi di vecchie lire.
Ma luce, sottovoce, si invoca anche sui passaggi istituzionali che precedettero la scalata. Nel libro di due giornalisti, «l’Affare Telecom», di Giuseppe Oddo e Giovanni Pons, si racconta della lettera che Mario Draghi, oggi governatore di Bankitalia, allora direttore generale del Tesoro, pretese dall’allora premier Massimo D’Alema. Secondo il primo, il Tesoro avrebbe dovuto partecipare all’assemblea straordinaria della società, secondo D’Alema no. La partecipazione avrebbe potuto scongiurare la scalata. Oggi quella lettera, come ha già scritto Il Diario , non si trova più: un ministro ha detto di averla cercata, finora invano.
Fra i tanti ‘si dice’ c’è anche una pista americana: non è dato sapere come, né a quale titolo, ma chi frequenta Palazzo Grazioli parla anche di fondi occulti negli Stati Uniti, legati alla vicenda Unipol, sui quali ancora i magistrati non sono arrivati: «Per non parlare degli interessi stranamente mai maturati dei fondi trovati a Consorte», aggiungono altri esponenti di spicco di Forza Italia, insieme all’assicurazione che per saperne di più occorre solo attendere.
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