(WSI) – Sotto gli ombrelloni, sugli yacht ancorati intorno a Porto Cervo, dentro gli uffici ministeriali (per quelli che devono lavorare ai tagli) un po’ tutti passano queste ore di vacanze in attesa della ripresa che a settembre dovrebbe finalmente manifestarsi (un po’ tutti ne hanno visti i segni, qui e là, quindi è proprio in arrivo). D’altra parte sono almeno tre anni che si ripete questo stesso identico film: si va in vacanza accompagnati da dati economici non buoni, ma in compenso si può leggere e sentire ovunque che “nella seconda parte dell’anno” le cose miglioreranno.
E il 2004 non fa eccezione. Andate e divertitevi e al vostro ritorno questa crisi che dura dal 2001 sarà solo un ricordo. Finalmente si riprende a far girare i soldi, evviva, evviva. Mancano ancora poche settimane alla liberazione da questo lunghissimo incubo. La luce in fondo al tunnel è già visibile.
Non vorrei rovinare la giornata a nessuno, ma penso che anche questa volta la mitica attesa della ripresa andrà, almeno in parte, delusa. E non si possono nemmeno escludere scenari ancora più foschi e deprimenti. Gli economisti, anche quelli delle grandi banche internazionali con 200-300 persone che fanno ricerche, sono di diverso avviso e ostentano un misurato ottimismo nelle loro previsioni. Ammettono che forse ci sarà un taglio di mezzo punto sulla crescita economica, ma insomma la barca va e continuerà a andare. Forze grosse si sono messe in movimento e non si fermeranno tanto presto.
Può essere. Ma qualche dubbio, pesante, rimane. Proviamo a fare un paio di casi: quello americano e quello europeo. A luglio tutti si aspettavano 245 mila nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti. E era una cifra non gettata lì a caso, ma ricavata dai trend di crescita “immaginati” per quell’economia. In realtà, i nuovi posti di lavoro sono stati appena 32 mila e sono stati revisionati (al ribasso) anche quelli dei mesi precedenti. A questo punto è chiaro che qualcosa non torna nella realtà americana.
La Federal Reserve aveva detto che avrebbe portato il costo del denaro più in alto di 25 basis point a ogni sua riunione (proprio perché la ripresa era arrivata e era solida), ma si sa che probabilmente aumenterà ancora (per onore di firma) il 10 agosto e poi basta. Lascerà che il denaro dal costo artificialmente basso tenga su ancora per qualche mese un’economia talmente drogata (con qualunque tipo di sostanza) che più nessuno ci capisce dentro niente.
Ma più di un autorevole commentatore avanza dubbi, a questo punto, sulla reale tenuta della congiuntura americana. Anche perché i due elementi che più contano in questa vicenda (a parte le droghe di Greenspan e di Bush) sono il prezzo del petrolio e il terrorismo. Due fenomeni sui quali tanto le banche centrali quanto la Casa Bianca non hanno molta influenza.
A essere seri si può dire che, vista la situazione, è meglio essere prudenti: forse il boom (artificiale) americano tiene, forse no.
In queste condizioni nessuno ha voglia di “allargare la base produttiva” (come si diceva una volta). E infatti risulta che le aziende americane investono, ma non per produrre di più: investono in macchinari per abbassare i costi. Assumono poco e cercano di ricavare più prodotto dai lavoratori che hanno già. Ma in questo modo non aumenta il numero delle buste paga e quindi la ripresa rischia di non essere in grado di auto-sostenersi.
In Europa (e in Italia), il quadro è ancora più semplice e elementare: l’economia non gira perché i consumatori e gli imprenditori non si fidano, non vedono l’orizzonte sgombro. E quindi i primi comprano poco e i secondi non investono. Economia bloccata.
Ma a settembre, si dice, tutto questo cambierà. E perché mai? Che cosa lascia immaginare che a settembre ci sarà l’orizzonte finalmente sgombro? Finiranno le tensioni sul petrolio (e il suo prezzo crollerà di colpo) e il terrorismo islamico si trasformerà in una associazione no profit dedita alla difesa della natura?
Non credo. Anzi, si può ragionevolmente ritenere che tutte le ombre che gravano oggi sul mondo, e sull’Europa, a settembre saranno ancora lì.
In aggiunta, magari, troveremo che il boom americano non era poi così boom, che il boom asiatico deve frenare sul serio, e potremmo anche avere la sorpresa di qualche crisi finanziaria dalle parti di Wall Street, in qualche Hedge Fund o in qualche paese emergente. E, se le cose staranno così, non si vede perché consumatori e imprenditori europei (e italiani) debbano capovolgere di colpo i loro comportamenti, oggi ispirati alla massima prudenza.
E infatti, giusto per aprire una piccola parentesi italiana, c’è chi, come il gigante delle previsioni economiche Global Insight, si mostra meno ottimista di tanti altri sul nostro paese. Per il 2004 non prevede una crescita all’1,2-1,3 o addirittura 1,5 per cento come fanno alcuni, ma ribadisce che, se tutto va bene, qui si farà una crescita dello 0,9 per cento. Ma conosco almeno un paio di banchieri di livello i quali scommettono che non si arriverà nemmeno allo 0,9 per cento.
E non è finita. Per il 2005 non si andrà al 2,1 per cento di crescita come prevede il governo. Sempre secondo Global Insight ci sarà già da leccarsi i baffi che si arriverà all’1,8 per cento. Cioè pochissima roba dopo quattro anni pieni di crisi vicini alla crescita zero.
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