Si fa un gran parlare di ripresa europea (e quindi anche italiana). E è evidente che qualcosa sta succedendo (di positivo). Però è bene segnare con molta cura i confini di quello che stiamo vivendo, al fine di non coltivare eccessive illusioni. Ormai siamo a metà strada (e anche un po’ oltre) del primo trimestre 2004 e, secondo le ultime analisi, dovremmo avere una situazione di questo tipo: gli Stati Uniti stanno correndo con una crescita del 4 per cento. Per tutto il primo semestre dovrebbero mantenere grosso modo questa velocità. E poi, nella seconda parte dell’anno dovrebbero rallentare e avvicinarsi a una velocità di crociera di poco superiore al 3 per cento.
L’Europa attualmente sta correndo con una velocità di crescita di poco superiore all’1 per cento e solo nella seconda parte dell’anno dovrebbe salire fino al 2 per cento.
A fine 2004 dovremmo avere gli Stati Uniti con una crescita complessiva del 4,3 per cento e l’Europa con una crescita dell’1,5 per cento. L’America, insomma, va più forte dell’Europa. Il paese di Bush va circa tre volte più in fretta dell’Europa.
E questo dovrebbe già gelare gli entusiasmi per la ripresa europea. Ma dobbiamo precisare che un po’ tutti gli analisti prevedono un sensibile rallentamento dell’economia americana nella seconda parte del 2004. E questo potrebbe ribaltarsi con spiacevoli conseguenze sulla ripresa europea.
Ma anche senza fare il confronto con i dati americani (e lasciando per ora da parte i fantasmi di un possibile collasso della ripresa americana), chiunque capisce che l’1,5 per cento di crescita è pochissima cosa. Per l’Italia, poi, si pensa che forse si arriverà all’1 per cento o poco sopra. E, visto che ormai siamo in clima di cose “percepite”, converrà avvertire sin da oggi che una crescita annua dell’1 per cento è quasi certamente una crescita che non verrà percepita come tale. Anche se ci sarà, cioè, la gente avrà la sensazione che non ci sia stata.
Ma se la gente e, soprattutto, gli imprenditori non “avvertono” che c’è la ripresa, allora la ripresa stessa non decolla, non diventa solida, non diventa un fenomeno collettivo capace di autoalimentarsi. E quindi rischia di finire fuori strada davanti al primo colpo di vento o davanti al primo temporale (sciopero generale, ad esempio). O davanti a una forte impennata dell’euro.
Conclusione: non basta essere contenti perché c’è “un po’” di ripresa. Di ripresa, di questi tempi, ce ne vuole tanta, bella grossa e grassa. Altrimenti si è sempre e comunque in crisi.
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