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LA RIPRESA AMERICANA ALLA PROVA DEL FUOCO

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Ormai sono rientrati praticamente tutti. E tutti, deposti paletta e secchiello, guardano terminali, computer, report, alla ricerca di una sola risposta: ma la ripresa c’è? O ci toccherà aspettare ancora? E, nel caso, fino a quando? Sulla carta, per la verità, la risposta c’è già: la ripresa c’è e è forte, in America. Nel secondo trimestre di quest’anno (quello che si è chiuso a giugno) il Pil risulta essere cresciuto (dopo la seconda revisione) addirittura del 3,1 per cento e, particolare importante, risulta essere stato sostenuto da una crescita dei consumi privati del 3,8 per cento.

Se ci fermassimo qui, questi sono i numeri di un’economia sana, che si è lasciata alle spalle dubbi e incertezze e che si è messa a correre. Di questo parere sembrano essere anche i mercati. In agosto tutti si aspettavano una limatine delle quotazioni, che erano corse un po’ troppo da marzo in avanti, e invece in agosto c’è stata un’altra corsa in avanti. La spiegazione non va cercata in misteriose manovre, ma i n una semplice constatazione:[e7] i mercati credono (magari sbagliando) che la ripresa sia arrivata, che sia solida e che sia robusta.

Ma forse non è proprio così. Alcuni analisti suggeriscono di avere così tanta fretta e di aspettare ancora un po’. Intanto, in settimana ci sono due dati in arrivo dall’America che dovrebbero fare ancora un po’ di chiarezza su questa ripresa americana. Martedì escono i dati Ism (in pratica un sondaggio presso i direttori degli acquisti delle società americane). Ci si aspetta che l’indice salga a 53,1 rispetto al 51,8 di luglio. Se i numeri saranno davvero questi, vorrà dire che la fiducia sta salendo e che quindi l’orizzonte si fa più chiaro. Nel caso contrario, invece, torneranno a emergere i dubbi che periodicamente affiggono le analisi sull’economia americana.

Ma il momento della verità sarà venerdì prossimo. Quel giorni, infatti, saranno annunciati i dati sulla nuove buste paga per il settore non-agricolo degli Stati Uniti (in pratica i nuovi assunti nel mese di agosto). Quasi tutti gli analisti si attendono una svolta importante, quasi epocale: contro i 44 mila posti di lavoro bruciati in luglio, in agosto dovremmo avere 13 mila nuovi assunti. Una cifra modesta, si dirà, ma di segno opposto al dato di luglio e ai dati di molti mesi. Insomma, una svolta.

Se veramente venerdì prossimo verrà annunciato che negli Stati Uniti in agosto ci sono state 13 mila assunzioni, quelli che sostengono che l’economia americana ha ormai imboccato la via della ripresa avranno un motivo in più per rallegrarsi delle proprie intuizioni. Nel caso contrario (un dato negativo, ad esempio), riprenderanno a affiorare i dubbi che ci accompagnano ormai da quasi due anni sull’effettiva tenuta dell’economia americana.

E come si comporteranno le Borse, in un caso e nell’altro? E’ chiaro che in questi mesi i mercati hanno puntato molto sull’hi-tech, mandando su il Nasdaq oltre il giusto e il doveroso. E è altrettanto chiaro che gli operatori devono cambiare un cavallo. Non si possono spingere i titoli tecnologici ancora per molto.

Ma qui scatta la trappola di venerdì prossimo. Se viene fuori che l’America sta creando nuovi occupati (e quindi che è davvero in ripresa, una ripresa sana e normale), allora il cavallo di ricambio c’è: si tratta di andare su titoli di settori più legati ai ciclo economico e ai consumi (non sull’auto perché anche quella è già stata spremuta fin troppo). Se invece venerdì si dovesse scoprire che l’America (benché in ripresa) non riesce ancora a fare occupati, allora gli operatori sarebbero in un vicolo cieco: obbligati a uscire, cioè, dai titoli tecnologici, ma senza sapere dove andare.

Dietro questi ragionamenti (molto a breve, molto per operatori che devono decidere in fretta) c’è poi una questione ancora più grossa. E cioè le possibilità di tenuta di una buona ripresa economica da parte dell’economia americana. Più d’uno infatti sostiene che in questi mesi quell’economia ha ingerito tante di quelle sostanze dopanti (dal basso costo del denaro alla spesa militare) che farla tornare sui sentieri della normalità non sarà tanto facile.

Insomma, secondo alcuni quella americana è ormai un’economia talmente drogata che è difficile immaginarla in funzione senza droghe. Ma, d’altra parte, non si può nemmeno pensare di drogarla per tutta la vita.

Inoltre, al suo interno in questi mesi (e proprio per effetto delle droghe somministrate) sono già cresciute almeno cinque “bolle” (obbligazioni, azioni, immobili, spesa pubblica, pensioni) che da un momento all’altro potrebbero cominciare a esplodere, mandando l’intero convoglio fuori strada.

Insomma, venerdì si saprà qualcosa di più e, forse, chi ha puntato sulla ripresa avrà di che rallegrarsi con se stesso. Che poi ci sia da essere sicuri e tranquilli, è un altro paio di maniche.

E in Europa? Secondo gli esperti non c’è da attendersi alcuna vera ripresa dell’economia prima del secondo trimestre del 2004. E anche allora non si tratterà di una grande ripresa. E questo perché l’Europa è troppo lenta nel fare le riforme, è troppo veloce (vedi Italia e Spagna) nell’imbarcare inflazione e ha ancora troppi problemi irrisolti. Al punto che molti vedono addirittura una crescita della disoccupazione nel 2004.

Insomma, l’America, a quanto pare, è già in movimento (anche se non sappiamo per quanto), l’Europa invece è ferma, e lo rimarrà almeno fino all’aprile dell’anno prossimo.

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