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«LA RICETTA DI BORSA DEL 2006? AZIONI DELL’ENERGIA»

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(WSI) – I MERCATI FINANZIARI E L’IRAN «Se non fosse stato per l’Iran, il 2006 sarebbe stato un anno perfetto per le Borse. E dico per tutti: Europa, Giappone e Stati Uniti, dove Wall Street l’anno scorso è rimasta praticamente piatta». L’esordio di Alessandro Fugnoli, capo-economista di Abaxbank, non lascia spazio ad equivoci: i listini mondiali, nonostante la recente battuta d’arresto, avrebbero tutte le carte in regola per battere il rally del 2005. «Perché la liquidità è abbondante – continua – E c’è una grande determinazione a lasciare gli investimenti in Borsa. Basta guardare la reazione all’ultima fiammata del greggio: sono fioccati gli acquisti di azioni petrolifere e non solo, anche di società legate a materie prime come il rame, che non c’entrano nulla con l’Iran».

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L’Iran, appunto: la sfida atomica degli ayatollah cambia le carte in tavola.
La rimozione dei sigili dai reattori è stata la grande novità del 2006. Ma questo non vuol dire che le Borse sono destinate a scendere. Va semplicemente modificata la strategia d’investimento azionario: bisogna essere meno aggressivi. Ma non certo liquidare le proprie posizioni.

Niente panico, insomma.
Assolutamente, già questa settimana abbiamo visto come le Borse hanno assorbito perfettamente la turbolenza. Il Nikkei veniva dal più 40% del 2005, ha corretto ma subito recuperato. Tutti sono molto ottimisti: questo forse è l’aspetto più pericoloso. Una buona dose di equilibrio non guasterebbe: cavalchiamo il bull market ma senza esagerare.

Sembra quasi che le Borse non scontino il rischio geopolitico legato all’Iran.
Giusto, ma è anche vero che chi nel 2002 e nel 2003 è rimasto fermo per paura di nuovi attentati terroristici ha perso un bel treno di rialzo. Stare lontani dai listini, in questo momento, è controproducente: un evento inatteso può capitare in qualsiasi momento, a prescindere dall’Iran.

E se la situazione iraniana dovesse precipitare, anche soltanto a livello diplomatico?
La liquidità delle Borse potrebbe finire, in parte, sul petrolio: e questo ragionamento vale soprattutto per i grandi fondi d’investimento. E se il petrolio sfonderà quota 70-72 dollari, basta guardare agli ultimi due anni per capire cosa succederà. Prima una fase di crescita dei listini, che sembreranno immuni dal caro-greggio; poi una correzione, ma nulla di clamoroso.

Quale può essere, dunque, un portafoglio di Borsa coerente con queste considerazioni?
Metà cash e metà azioni. E tra queste ultime, metà legate all’energia. Ripeto: la cosa migliore è evitare strategie d’investimento troppo aggressive.

Wall Street, poi, dovrà recuperare il terreno perso sull’Europa nel 2005.
Certamente, soprattutto perchè le quotazioni di Borsa americane non scontano la crescita degli utili. E sarei ottimista sul listino di New York, nonostante il problema del mercato immobiliare, se non fosse per la questione iraniana.

Chi investirà a Wall Street, tuttavia, dovrà fare i conti anche con l’andamento del dollaro.
In questo caso la cosa migliore da fare è prendere dollari a prestito e poi comprare azioni Usa. Questo perché il biglietto verde, nel 2006, perderà altro terreno contro l’euro: non lo dico io ma un certo Martin Feldstein, che doveva sostituire Alan Greenspan al timone della Federal Reserve. Una volta eletto Bernanke, Feldstein si può permettere di parlare a ruota libera. E le sue previsioni vanno tenute in seria considerazione.

Che ruolo giocheranno le banche centrali nell’andamento delle Borse?
Sicuramente contribuiranno al rally. Stanno agendo con grandissima prudenza nel rallentare l’espasione delle varie bolle, ad esempio quella immobiliare. E questo non potrà che giovare ai listini mondiali.

E i bond?
Meglio lasciarli perdere e tenere i piedi nell’azionario. Anche in questo caso non vanno liquidate le posizioni, ma neppure incrementate. A vantaggio del reddito fisso gioca il contenimento dell’inflazione, ma siamo sicure che le banche centrali asiatiche continueranno a rastrellare Treasury all’infinito?

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