Società

LA PIOGGIA DI DENARO CHE DROGA L´ECONOMIA

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*Giuseppe Turani e’ editorialista di La Repubblica. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – L´ultima speranza, adesso, si chiama «quantitative easing», nel senso che il mercato spera che la Banca centrale europea (che si riunirà proprio giovedì prossimo) adotti appunto, magari un po´ più avanti, una politica di «quantitative easing», come già fanno la banca centrale americana e quella inglese.

Che cosa sia questa politica è una faccenda molto difficile da spiegare, ma in sostanza significa che da un certo momento in avanti la banca centrale fornisce al sistema (mercato, banche, Stati) non solo tutta la moneta di cui ha bisogno, ma tutta quella che ha sognato di avere.
Non siamo ai soldi buttati sulle città dagli elicotteri (come suggeriva Ben Bernanke, capo della Federal Reserve americana), ma quasi. Con la politica «quantitative easing» ci sono soldi per tutti e per tutte le necessità, e a costo zero.

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Chi conosce un po´ gli umori degli uomini della Banca centrale europea sostiene che tutto questo non accadrà. Il «quantitative easing» è la bomba atomica, ma anche l´ultima bomba, di una banca centrale. L´arma della disperazione totale. E l´Europa, almeno nel giudizio della Bce, non è ancora a questo punto.

Si capirà qualcosa, comunque, già da giovedì prossimo. Oggi il tasso della Bce è all´1,50 per cento. E, secondo quello che si era capito fino a ieri, la Bce dovrebbe scendere all´1,25 giovedì, poi dovrebbe fare un mese di pausa e a maggio scenderebbe all´1 per cento. Dopo di che, stop ai ribassi. E che il cielo aiuti l´Europa.

Ma una buona parte del mercato ritiene che le cose potrebbero andare diversamente. Ormai la congiuntura europea è disastrata.
Non si parla più di un calo del Pil, nel 2009, del 2,8 per cento, ma già del 3,3 per cento (e questo nell´ipotesi che non ci siamo peggioramenti, basta quello che abbiamo già visto nei primi tre mesi). E preoccupa soprattutto la situazione della Germania (la cui economia è un terzo dell´area euro). Commerzbank ha appena diffuso uno studio in cui dice che nel 2009 il Pil tedesco crollerà del 7 per cento (mai successo, credo, conflitti mondiali a parte). Gli altri osservatori sono meno catastrofici, ma è difficile trovarne qualcuno che non veda un crollo del 5 per cento (o dintorni) dell´economia tedesca.

Se le cose stanno così, si osserva, allora la situazione europea è assai più grave di quello che appare oggi. E la Bce dovrà reagire di conseguenza. La nuova scaletta degli eventi (immaginata da duri del mercato) è molto semplice. Giovedì la Bce porta il tasso non all´1,25 per cento, ma direttamente all´1 per cento. Poi a aprile (e non a maggio) scende allo 0,50 per cento.
A quel punto il gioco dei tassi può considerarsi finito. E alla Bce, per dare ancora stimoli all´economia non resterebbe che passare appunto al «quantitative easing». In sostanza, dovrebbe mettersi a stampare euro con un certo vigore e distribuirli in giro con molta generosità.

Su questa ipotesi, ovviamente, gli esperti sono divisi. C´è chi sostiene che mai la Bce arriverà a tanto, visto che alle spalle ha tutta una storia di rigore monetario. Ma c´è anche chi sostiene, invece, che dovrà farlo e per una ragione molto semplice: lo stanno già facendo americani e inglesi. Se la Bce si rifiuterà, alla fine l´euro sarà l´unica grande moneta «virtuosa» (non inflazionata) del mondo e quindi si rivaluterà inevitabilmente. Ma questo finirebbe per rendere ancora più difficili le esportazioni dall´area euro e quindi creerebbe altri guai.

Giovedì, come si diceva, si comincerà a capire qualcosa. Se la Bce scenderà di colpo all´1 per cento con i tassi di interesse, allora i sostenitori del passaggio (a breve) alla politica del «quantitative easing» forse avranno ragione. Se invece la Bce continuerà per la propria strada, e taglierà i tassi solo di 25 basis point, allora le ipotesi sono due: o si sbaglia (e correrà precipitosamente ai ripari più tardi, come ha già fatto in passato) oppure la situazione è meno grave del previsto (e alla Bce pensano che le misure già prese siano più che sufficienti a scongiurare il peggio).

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