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(WSI) –
«La manovra bis, se proprio si deve fare, devono pagarla quelli che non l’hanno mai pagata in questi anni: gli evasori fiscali, chi lavora in nero, chi ha sprecato e sperperato. Consiglio ai nostri governanti una lettura che trovo molto istruttiva, a questo proposito, il libro di Cesare Salvi e Massimo Villone Il costo della democrazia, tutto centrato sugli esorbitanti costi della politica. Ma i redditi da lavoro e da pensione no, quelli non si toccano, hanno già dato».
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Ritocco dell’Iva inclusa? «Ritocco dell’Iva in testa. Alzare l’Iva vuol dire produrre effetti indesiderati e indesiderabili per lo sviluppo, l’esatto contrario di quello che bisogna fare. In ogni caso, il governo non ci sta facendo una bella figura, in questi giorni, almeno a leggere quello che scrivono i giornali. L’effetto annuncio di una manovra bis è disastroso, senza dire del fatto che i parametri di Maastricht, francamente, mi sembrano più un simulacro che una realtà. Bastava recuperare qualche miliardo di euro e farlo senza troppi drammi in modo sufficiente da far rientrare il rapporto deficit/Pil al 3,8%, obiettivo dal quale non siamo affatto lontani, invece che farsi prendere dall’ansia di far vedere ai signori di Bruxelles che siamo i primi della classe…».
Toni da estremista di sinistra, segretario? «Nient’affatto, sono cose che vado ripetendo da mesi, per chi ha la pazienza di ascoltarmi, a prescindere dal colore dei governi. Comunque, una cosa è certa: il partito dei rigoristi proprio non mi convince e non mi piace. Se proprio mi devo iscrivere a un partito, in questa discussione, io, come molti altri, dentro e fuori il governo, m’iscrivo – da riformista, s’intende – al partito degli sviluppisti».
Il segretario generale della Uil Luigi Angeletti si sente (e si vede, che lo è) «tonico», come lo stato della sua organizzazione, il terzo sindacato più grande d’Italia che sta celebrando in questi giorni i suoi congressi territoriali e di categoria in vista del XIV congresso generale che si terrà a Roma dal 25 al 28 giugno. «Tenere i conti in ordine», spiega Angeletti in questa conversazione con il Riformista, «è cosa normale, ma il rigore come volano dello sviluppo economico non funziona. Il dramma di questo paese è lo sviluppo. Mi auguro e sono convinto che Prodi voglia affrontarlo con serietà, prendendo il toro per le corna, e credo che nell’incontro convocato per lunedì a palazzo Chigi con i tre segretari generali ce ne darà dimostrazione. D’altra parte, se non lo facesse, troverebbe la nostra ferma contrarietà ma ne dubito. Prodi ha detto parole chiare, in campagna elettorale, dicendo no alla politica dei due tempi, e sono sicuro che terrà fede alla parola data».
E già, perché le cose succedono e si evolvono anche nel mondo sindacale e dunque oggi Angeletti (e la Uil) mostrano toni e cipigli ben più “barricaderi” della Cgil. Il punto è che la Uil è un sindacato in ottima salute, che non non solo vince importanti partite in elezioni che contano surclassando la Cgil (ad esempio nel rinnovo delle Rsu di due fabbriche importanti come la Fiat di Cassino e la Stm electronics di Catania) ma non sente affatto insediato il suo terzo posto di sindacato più grande d’Italia tanto che, rispetto ai numeri che avanza l’Ugl, Angeletti si limita a osservare che «in particolare nel pubblico impiego i voti si possono contare facilmente e i dati sono pubblici».
Ma se il segretario generale decanta con il giusto orgoglio la compattezza e i successi della sua organizzazione che in queste settimane sta celebrando i suoi congressi di categoria, si schermisce, invece, di fronte a un’analisi troppo «politicista» dei (nuovi) rapporti di forza che intercorrono tra le tre grandi centrali sindacali. Resta intatta, però, la sostanza: la Uil, sindacato storicamente dalla linea rivendicativa “salarista”, si trova di fronte una prateria, almeno da quando la Cgil si è legata – mani e forse anche piedi – al “patto d’unità d’azione” stretto nel bel mezzo della campagna elettorale con il governo Prodi al proprio congresso, costringendosi a più d’una forma di “ingessamento” del suo ruolo sociale (sinistra antagonista del duo Rinaldini-Cremaschi esclusa, naturalmente).
E se la Cisl punta tutto sul nuovo «grande» patto sociale da stringere col governo e l’Ugl cerca semplicemente «un posto a tavola», la Uil si gode la massima «libertà d’azione» e di movimento. Ecco perché un «tonico» Angeletti può non solo sottolineare il primato raggiunto in Rsu fresche fresche e di una certa rilevanza strategica ma anche rivendicare un rapporto con la politica che, fatto salvo il voto di iscritti e dirigenti, finito in larga parte all’Unione e in particolare ai Ds, declina così: «Delegare agli equilibri politici la tutela della rappresentanza è un errore che magari fanno altri ma che noi non facciamo».
Resta da capire qual è la ricetta che propone la Uil per far ripartire il paese. Angeletti non ha dubbi: «Il male dell’Italia, quello che ci ha portato alla crescita zero, si chiama bassa produttività e bassi salari. Vanno incentivati e fortemente entrambi. Tutto il resto – dal deficit alla perdita di competitività fino alla precarietà del lavoro – consegue da questo doppio problema. Capisco che chi, come Confindustria, ha interessi precisi da tutelare, si dichiari in modo esageratamente precipitoso a favore di una manovra bis: gli industriali vogliono incassare tutto e subito, a partire da una riduzione del cuneo fiscale fatta solo a loro vantaggio, magari proprio attraverso l’inasprimento dell’Iva. Beh, si sbagliano di grosso e troverebbero la nostra ferma opposizione. Solo aumentando le entrate, si riduce il deficit, di certo non tagliando la spesa pubblica o quella sanitaria e pensionistica, già ai minimi storici».
Mancava di vedere questa, una Uil – nella notte dei tempi accusata dalla Cgil di essere fin troppo “amica” di Confindustria – che fa la faccia feroce nei confronti degli industriali. Ma, come si sa, le cose cambiano. Anche la Uil è cambiata. E, di questi tempi, si fa sentire. Del resto, sta anche molto bene in salute, è «tonica». A partire dal segretario generale, il “barricadero” Angeletti.
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