Palermo – Povere coppie fresche di nozze. Non soltanto ancora ignorano cosa li aspetta quando la luna di miele finirà, l’idillio pure e gli sbadigli prevarranno sui baci, mentre veli e fotografie resteranno ad ammuffire nei cassetti. Adesso ci si è messo pure il Fisco a rovinare la festa, deciso a stanare l’evasione nel business dei fiori d’arancio.
Così nelle case di duemila palermitani sposati dal 2006 a oggi è arrivata una busta che non somiglia affatto a un biglietto di auguri. È un questionario in cui, con toni quasi inquisitori, si chiede ai neo-coniugi di indicare chi si è occupato del ricevimento, chi dell’ addobbo floreale, chi del servizio fotografico, chi del video riprese, montaggio e produzione – chi dei confetti e bomboniere, chi dell’auto a noleggio. Chi del bouquet della sposa, perfino. E soprattutto, quanto si è pagato e se in cambio si è avuta o no la ricevuta.
Roba da fare impallidire la più giuliva delle spose, considerato che per il matrimonio in Sicilia non si bada a spese, anzi si fanno pure debiti per impressionare amici e parenti con adunate oceaniche, discese scenografiche dai motoscafi, brindisi al tramonto. Uno dei pochi business che tira ancora, nonostante la crisi del «per sempre» sia arrivata anche in fondo allo Stivale. Cifra media, 25 mila euro o giù di lì. Peccato però che questa bella somma venga spesso sborsata senza avere in cambio uno straccio di fattura.
Sentire per credere un giovane professionista che si è sposato a Palermo tre mesi fa: «Un famoso fotografo della città ci ha chiesto 2.500 euro, ma solo mille sono stati fatturati racconta -. Nessuna ricevuta per l’auto presa a noleggio, 250 euro, e neppure per l’estetista e l’acconciatore di mia moglie e delle altre donne, per un totale di 1.500 euro». A nero anche violinista e organista. In regola al centesimo, invece, il fiorista, che ha voluto 950 euro per l’addobbo della chiesa, della villa e per il bouquet della damigella, e anche la villa-ristorante di un paese dell’hinterland. «Cento euro a coperto, eravamo 190 – calcola – ben19 mila euro, ma tutte fatturate».Adesso l’Agenzia delle Entrate di Palermo in tempi in cui la lotta all’evasione è diventato un mantra per rabberciare manovre zoppicanti e ancor più vacillanti tensioni etiche – ha scelto di scovare l’evasione in grande. O almeno di provarci. Pescando dall’anagrafe tributaria i nomi delle coppie e inviando il tardivo regalo. Che pretende una risposta.
Perché – c’è scritto nella lettera – gli sposini hanno l’obbligo di rinviare agli uffici il modulo compilato, pena una sanzione pecuniaria che l’Agenzia nel questionario si limita a indicare senza entrare nel merito delle cifre. Il Fisco non chiede alle coppie di produrre ricevute e fattura, e non li persegue per questo: non potrebbe farlo, perché un cittadino non ha alcun dovere di conservare i documenti. Ma vuole che parlino, con la stessa voce convinta che hanno usato all’altare per dire sì. Parlare, denunciare, fornire nomi, indirizzi e cifre. E dire la verità, tutta la varietà.
Così commercialisti e avvocati della città sono tempestati da domande di preoccupatissimi sposi, che si scervellano sul come uscirne indenni. Già. A meno che la torta nuziale non sia andata di traverso a qualcuno, o che la coppia sia scoppiata e abbiavoglia di prendersela pure con i professionisti dell’evento, pochi hanno voglia di puntare il dito contro «il ricordo più bello». Anche perché, come al solito, in cambio della complicità sul nero, molti hanno contrattato uno sconto.
Ma se è grave non rispondere, ancor più grave è dichiarare il falso, sostenendo che il bouquet era fatto di fiori di campo raccolti dallo sposo e il catering a cura della nonna. Se un controllo incrociato sul conto corrente rileva la menzogna, sono guai. Resta una terza via: rifugiarsi in una serie di non ricordo. Ma anche lì, difficile credere a un’amnesia collettiva. Per troppa emozione davanti all’altare. O, chissà, per voglia di fuga.
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