Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Dopo la prima ondata storica di teocon, quella forgiatasi ai tempi di Wojtyla ancora vivente e radunatasi attorno a Marcello Pera, Giuliano Ferrara e al tandem forzista composto da Sandro Bondi e Ferdinando Adornato, adesso il successo referendario degli astensionisti favorevoli alla legge 40 ha ingrossato le file dei politici-fedeli, in qualche caso più sensibili all’impronta ruiniana (democon) che a quella ratzingeriana (decisamente teocon).
Di conseguenza, per molti prende sempre più corpo la prospettiva che a decidere le prossime elezioni (politiche ma anche amministrative) possa essere il fattore dei valori, un po’ come è accaduto con Bush alle ultime presidenziali americane. Per questo si parla tanto dell’ipotesi Casini per Palazzo Chigi, al posto dell’edonista liberale Berlusconi, e sempre per questo la Cdl ha avviato una mutazione quasi genetica per irrobustire la sua affidabilità sui temi religiosi. L’esempio più eclatante delle ultime settimane è quello di Alleanza Nazionale.
Alfiere dei teocon postfascisti è il ministro Gianni Alemanno. E’ stato lui a rompere il tabù dell’unanimismo finiano in nome di una destra cattolica rivoltatasi contro il proprio leader schierato con il sì.
Dopo l’ufficio di presidenza di mercoledì scorso, An vivrà due settimane di tregua armata, fino alla prossima assemblea nazionale, ma in quell’occasione, al di là di quello che Fini dirà nella sua relazione d’apertura, Alemanno insieme con Teodoro Buontempo e due ex finiani del calibro di Alfredo Mantovano e Publio Fiori, presenterà un documento che chiederà, come spiega qualcuno, «la riconsacrazione di An ai valori di Fiuggi, in cui ci sarà un esplicito riferimento ai valori della destra religiosa americana che ha fatto vincere Bush, accompagnato però dal tentativo di dissociarsi dalla guerra preventiva e unilaterale contro l’Iraq».
Ancora non è chiaro se il documento servirà a frantumare l’attuale recinto delle tre correnti e quindi a fare una conta tra finiani e non. Quello che è certo, però, è che si tratta di un documento aperto, che va ben oltre i confini della destra sociale, la corrente di Alemanno e Francesco Storace. In giro si sente dire che persino Maurizio Gasparri, eterno avversario di Alemanno, potrebbe firmare, mentre lo stesso Fini avrebbe in mente di disinnescare questa potenziale bomba tramutando il testo «in un ordine del giorno identitario» che rinnovi la fiducia al presidente, e offrendo perdipiù ai sociali l’azzeramento del triumvirato (che di fatto è già avvenuto con le dimissioni di Alemanno) con l’istituzione di un coordinatore unico (il liberal Altero Matteoli) o di un vero e proprio segretario politico.
Questa volta però, da ambienti vicini ad Alemanno, ci tengono a dire che non è «una questione di organigrammi» e che la partita si gioca tutta sulla ridefinizione di An come forza di destra patriottico-solidaristica ancorata ai valori religiosi. Tra l’altro, i teocon socialcattolici di An avrebbero individuato anche un ulteriore banco di prova per testare la loro idea di partito. E cioè le elezioni amministrative di Roma, che si terranno in concomitanza con le politiche. I papabili papisti per correre contro Walter Veltroni sono due: lo stesso Alemanno e l’ex andreottiano Publio Fiori. Ma nella Cdl c’è anche qualcun altro che starebbe maturando lo stesso schema di campagna: il ministro Mario Baccini, numero uno dell’Udc nel Lazio. Anche Baccini, infatti, vorrebbe scendere in campo per il Campidoglio a capo di un Polo dei Valori e così da qui alla prossima primavera la Capitale potrebbe rivelarsi a destra un laboratorio in cui si confronteranno per la prima volta le due anime cattoliche della Cdl: da un lato i bushian-ratzingeriani di An, dall’altro i democon ruiniani dell’Udc.
Copyright © Il Riformista per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved